Aviazione, l’Enac rivendica la sua politica “industriale”
Le Ali del Futuro, questo il titolo della manifestazione dedicata ai trasporti della Uil, che ha visto una tavola rotonda a Roma sul trasporto aereo nel sistema-Paese. Centrale nella discussione la carenza di politiche industriali che invece viene rivendicata da alcune istituzioni, come Enac. Il piano nazionale aeroporti si inserisce in queste politiche. Lavorato da Galeazzo Bignami, oggi capogruppo FdI alla Camera, il piano è stato costruito nel governo Meloni dando “centralità ai lavoratori” secondo quanto afferma il deputato: «Nel post pandemia ci sono stati tanti scali bloccati in Europa, perché molti lavoratori avevano abbandonato il settore lasciando il posto a nuove risorse ancora da formare, noi invece avevamo creato ammortizzatori adeguati, e tutto è andato per il meglio, quindi questo vi fa capire quanto sia importante il coinvolgimento dei sindacati nella programmazione». Continue reading Aviazione, l’Enac rivendica la sua politica “industriale” at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Le Ali del Futuro, questo il titolo della manifestazione dedicata ai trasporti della Uil, che ha visto una tavola rotonda a Roma sul trasporto aereo nel sistema-Paese. Centrale nella discussione la carenza di politiche industriali che invece viene rivendicata da alcune istituzioni, come Enac.
Il piano nazionale aeroporti si inserisce in queste politiche. Lavorato da Galeazzo Bignami, oggi capogruppo FdI alla Camera, il piano è stato costruito nel governo Meloni dando “centralità ai lavoratori” secondo quanto afferma il deputato: «Nel post pandemia ci sono stati tanti scali bloccati in Europa, perché molti lavoratori avevano abbandonato il settore lasciando il posto a nuove risorse ancora da formare, noi invece avevamo creato ammortizzatori adeguati, e tutto è andato per il meglio, quindi questo vi fa capire quanto sia importante il coinvolgimento dei sindacati nella programmazione».
Attualmente secondo Bignami le emergenze più importanti riguardano le limitazioni del trasporto per l’impossibilità di sorvolare alcuni territori a causa dei conflitti in corso, e la perdita di attrattività del dollaro «che tuttavia non ha cambiato i flussi dagli Usa che stanno anzi incrementando», ha aggiunto.
Paola De Micheli del Pd, ministro dei Trasporti del precedente governo, ha sottolineato l’importanza del pianificare rivendicando la gestione del “caso Alitalia”, la nascita di Ita Airways, gli investimenti e le scelte fatte: «Noi abbiamo rimesso al centro il tema del settore aereo, abbiamo fatto una nuova compagnia aerea, abbiamo anche provato a essere corretti nei confronti dei lavoratori, investendo sulla più importante risorsa del settore che sono le persone. Come si fa a pensare di erogare un servizio senza la qualità della vita delle persone che vi sono dietro»? Secondo la rappresentante del Pd per la pianificazione aeroportuale «bisogna pensare alle strutture che già esistono, rimettere in moto quello che già c’è nel nuovo piano».
Pierluigi Di Palma, presidente Enac, contraddice le critiche per l’assenza di una pianificazione antecedente al governo Meloni con una testimonianza concreta. «Siamo di fronte a una crescita costante con lo sviluppo di una policentricità degli scali, dopo il dossier Malpensa, e una politica che ha dato risultati importanti: siamo a 220 milioni di passeggeri, e considerate che in Paesi come la Germania ce ne sono 120 milioni. Questo è possibile perché esisteva ed esiste una politica industriale».
«A un certo punto in una situazione emergenziale si è cercato di ricostruire una compagnia nazionale – ha proseguito Di Palma – Quei 3 miliardi di investimento messi sul piatto hanno dato un indirizzo per far decollare Ita Airways e noi abbiamo il dovere di guardare al vettore nazionale come una scelta politica di sviluppo. Dobbiamo condividere l’idea che intorno a Ita-Lufthansa ci sia l’idea di un network nazionale e intercontinentale – ha proseguito – ed è necessaria integrazione non solo aria/ferro, ma aria/aria, anche a livello nazionale».
Quindi, secondo il presidente Di Palma, «quando si dice che non c’è una politica industriale per il trasporto aereo si dice una cosa sbagliata, perché questa politica è stata segnata da Enac».
Nel suo intervento Carlo Borgomeo, presidente Assaeroporti, si è concentrato sull’addizionale comunale, gabella che ormai è diversa in ogni aeroporto. Ci sono quattro regioni che non la hanno e in altre è aumentata. Ci sono compagnie aeree che fatto della tassa una leva commerciale. «L’addizionale comunale è per me è una cartina di tornasole che ci fa capire quanto non è coordinato il settore e nel 2025 non è possibile che un passeggero paghi 8 euro in più su un biglietto da 30 euro».
Il problema della tassa potrebbe tuttavia portare a una soluzione importante. «La nostra proposta è quella di fissarla per tutti a 2,5 euro di cui 1,5 andrebbero al fondo per il trasporto aereo e 1 euro ai comuni», ha spiegato Borgomeo. La destinazione di parte della tassa al Fondo del trasporto aereo sarebbe una soluzione decisiva per altre problematiche di filiera, su cui si giocano molte politiche europee odierne.
Sul tema della transizione ecologica Borgomeo è ancora più duro: «Stiamo facendo tutto quello che possiamo fare per decarbonizzazione, senza nessun sostegno. Siamo un settore per il quale c’è una domanda clamorosa, ma le politiche industriali dell’offerta sono un po’ in ritardo». Un pronostico avallato anche da molte altre ricerche internazionali che testimoniano un futuro in cui la domanda di trasporto aereo eccederà l’offerta con conseguente sui costi e sulla produzione di apparecchi.
Concentrato sui lavoratori l’intervento di Sandro Pappalardo, presidente Ita Airways: «Ho un grande rispetto del mondo sindacale, e so quanto importante sia il ruolo dei sindacati, se è corretto, e se si condividono i percorsi. Il 17 di gennaio si è aperta una pagina storica per l’aviazione con l’ingresso di Lufthansa nella nostra compagnia. Si tratta di una grande opportunità per un ulteriore slancio, dico ulteriore perché in tre anni e mezzo Ita ha raggiunto risultati importantissimi. Non so se sono giuste strategie, scelte corrette, ma sono certo che dietro ogni conquista ci sono le persone. Io provengo da un mondo dove le persone vengono prima di tutto e se Ita funziona dipende dalle 5mila persone che hanno fatto un piccolo miracolo: i numeri sono positivi. L’ingresso di un colosso come Lufthansa ci consente di avviare un piano industriale di ulteriore rilancio per una compagnia che gode di ottima salute e che probabilmente giungerà al break even già in questo esercizio».
Non si sbilancia invece sulla pianificazione della compagnia che sicuramente aumenterà la flotta nel 2026 e con essa gli occupati «ma a breve saremo più chiari».
Non lascia spiragli rosei sulla pianificazione, invece, Alessandro Fonti, presidente Aicalf, associazione che agglomera le compagnie low cost, citato diverse volte in merito all’articolo 203 del contratto di lavoro. «Abbiamo preso parte a diversi tavoli di discussione al ministero, ma riteniamo che le compagnie aeree nostre associate debbano fare riferimento a normative vigenti in Europa, e non a quelle italiane, fermo restando che alcune delle aziende nostre associate, in modo indipendente possano aderirvi». Irremovibile su qualsiasi ipotesi di dialogo: «Al momento non ci sono le condizioni per adeguarsi al contratto nazionale».
Pacate le conclusioni di Marco Verzari, segretario generale della Uiltrasporti. «Il contratto identifica le condizioni di lavoro in un Paese e, se posso dirlo, il Paese stesso. Se non ci si attiene a questo principio siamo fuori da ogni tipo di discussione».
Poco importa, per la Uil, la presenza di un piano industriale: «Va bene avere o non avere un piano industriale, ma è essenziale avere una mobilità sostenibile e meno costosa. Dovremo mettere in atto dei piani di sistema che uniscano trasporto aereo e ferroviario in tutti i territori a un costo medio tollerato dal punto di vista sociale». Ha poi concluso: «Credo che su questo punto ancora non ci siamo, e se ci preoccupiamo solo della concorrenza per noi è inaccettabile: i diritti non possono essere messi a pregiudizio perché c’è un problema di costi da contenere e bisogna ragionare sul fatto che il costo del lavoro non è un elemento di competizione commerciale».