NGC 1514, situata a circa
1.500 anni luce di distanza nella costellazione del
Toro, è tornata sotto i riflettori grazie alle
osservazioni ad alta risoluzione del James Webb Space Telescope (JWST). Le nuove immagini, realizzate con lo
strumento MIRI (Mid-Infrared Instrument), hanno svelato
dettagli spettacolari e mai visti prima della sua struttura interna, cambiando la comprensione di questa
enigmatica nebulosa planetaria. Scoperta nel
1790 da William Herschel, la nebulosa aveva già messo in crisi le teorie astronomiche dell’epoca. Herschel la descrisse come una “
stella solitaria avvolta da un’atmosfera luminosa”, portando così alla prima distinzione tra
stelle e
nebulose. I misteriosi anelli visibili solo nell’infrarosso Nel 2010, il
WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) aveva già identificato
due anelli simmetrici attorno alla nebulosa, visibili unicamente nello
spettro infrarosso. Il JWST, però, ha permesso per la prima volta di
risolverli con chiarezza, evidenziando
strutture filamentose e grumose che si estendono con sorprendente definizione.
Michael Ressler, scienziato principale del progetto al
Jet Propulsion Laboratory della NASA, ha guidato la nuova analisi, i cui risultati sono stati pubblicati su
The Astronomical Journal. Il cuore binario della nebulosa e le sue origini turbolente Al centro di
NGC 1514 si trova una
coppia di stelle binarie. Una delle due è una
nana bianca, l’altra una
gigante evoluta. Questo
sistema doppio, studiato già nel 2017 da
David Jones dell’
Institute of Astrophysics delle Isole Canarie, è responsabile dell’evoluzione e della
forma bizzarra a clessidra della nebulosa. Durante il processo evolutivo, la stella più massiccia ha
espulso i propri strati esterni, creando un vento stellare
lento ma denso, che ha formato la
nebulosa polverosa e irregolare oggi visibile. La vicinanza del compagno, in alcune fasi, potrebbe aver
alterato la simmetria del flusso di materia, dando origine a
strutture ad anello. Un’emissione dominata dalla polvere, non dalle molecole I nuovi dati di
MIRI mostrano che la luminosità degli anelli non è dovuta alle classiche
emissioni di linee molecolari (come
idrogeno molecolare o
idrocarburi aromatici policiclici), ma è invece il risultato di
emissioni termiche da polveri fredde. Solo circa l’
1,5% del flusso osservato è legato a emissioni molecolari. Questa caratteristica
anomala distingue NGC 1514 da molte altre nebulose planetarie e suggerisce che i suoi anelli
non siano stati formati da shock con il mezzo interstellare, ma da un processo
interno e
più tranquillo, seppur
turbolento nella dinamica binaria. La forma a clessidra e le teorie sulla formazione degli anelli Secondo gli autori, la forma attuale potrebbe essere il risultato di
getti rapidi o
venti asimmetrici scavati nei poli dopo una fase di
forte perdita di massa. Tuttavia, le osservazioni del JWST
non permettono ancora di confermare con certezza questa ipotesi. Il
materiale nebulare appare estremamente complesso: gli anelli contengono
nubi filamentose turbolente, mentre all’esterno si intravedono
espulsioni più deboli e
resti di interazioni passate. La struttura complessiva, vista dalla Terra, assomiglia a una
lattina inclinata, ma in realtà si tratta di una
forma tridimensionale simile a una clessidra. Verso una nuova comprensione delle nebulose planetarie Grazie al JWST, gli astronomi possono ora
mappare con precisione la distribuzione e la natura del materiale residuo di stelle morenti. I dati raccolti su NGC 1514 contribuiranno a
ridefinire i modelli evolutivi delle
nebulose planetarie, soprattutto quelle influenzate da
interazioni binarie complesse. L’indagine scientifica prosegue, ma gli
echi infrarossi di questa stella morente hanno già aperto
nuove strade di ricerca nell’evoluzione finale delle stelle di massa intermedia.
Un nuovo sguardo sulla nebulosa planetaria NGC 1514 grazie al JWST