The Electric State, guerra tra umani e robot nel blockbuster Netflix | Recensione
In una versione alternativa degli anni Novanta, si è scatenata una guerra tra umani e robot, conclusasi nel 1994 con la firma di un trattato di pace tra l’allora presidente americano Bill Clinton e Mr. Peanut, secondo il quale i robot superstiti sarebbero stati esiliati nel deserto. Una guerra vinta dall’umanità grazie all’invenzione del ricco […]


In una versione alternativa degli anni Novanta, si è scatenata una guerra tra umani e robot, conclusasi nel 1994 con la firma di un trattato di pace tra l’allora presidente americano Bill Clinton e Mr. Peanut, secondo il quale i robot superstiti sarebbero stati esiliati nel deserto. Una guerra vinta dall’umanità grazie all’invenzione del ricco magnate della tecnologia Ethan Skate, che ha creato dei rivoluzionari dispositivi di realtà virtuale noti come Neurocaster, ormai diffusi in ogni angolo del pianeta.
Al centro di The Electric State vi è il personaggio di Michelle, un’adolescente che ha perso tutta la sua famiglia in un drammatico incidente d’auto, incluso l’amato fratello minore Christopher, un vero e proprio genio dell’informatica. Una sera la ragazza riceve la visita di un buffo robot che le ricorda proprio Chris e che la trascinerà in un’incredibile avventura, dove con l’aiuto del contrabbandiere Keats scoprirà un’incredibile verità su quel nuovo mondo.
The Electric State, recensione: ai confini della realtà
Appare come un film fuori tempo massimo The Electric State e non solo perché cerca di recuperare l’idea dei blockbuster di un ventennio fa, anzi da quel punto di vista trova anche potenziali spunti poi inespressi, ma soprattutto per il suo essere derivativo senza raccontare nulla di effettivamente nuovo. Si spreca la graphic novel alla base pubblicata nel 2018 da Simon Stålenhag, ben più incisiva nella sua forma cartacea di questo giocattolone pensato per il pubblico streaming. D’altronde ci troviamo di fronte a un adattamento molto libero, che ne ha snaturato alla fonte alcuni elementi chiave in un’ottica maggiormente commerciale e terra terra.
Il progetto più costoso mai realizzato da Netflix, con un budget che avrebbe raggiunto i 320 milioni di dollari, si focalizza sempre più sugli effetti speciali, con la storia e i personaggi che perdono progressivamente smalto nello scorrere dei minuti, tra soluzioni abusate e con un cast che non convince, privo di carisma come i suoi alter-ego.
Nomi d’eccellenza
Una Millie Bobby Brown ormai lontana, come lei ci tiene a ribadire, dalla fanciullezza dell’Eleven/Undici di Stranger Things e Chris Pratt che cerca di togliersi di dosso l’ombra del suo Star-Lord de I guardiani della galassia, sono in buona compagnia, con interpreti del calibro di Stanley Tucci, Giancarlo Esposito e il premio Oscar Ke Huy Quan in carne e ossa in altri ruoli e molte guest-star a cui è affidato il compito di doppiare i vari robot che compaiono nel racconto.
Certo è che i fratelli Anthony e Joe Russo sembrano lontani dal grande successo dei film sugli Avengers, incapaci di trovare la corretta chiave di lettura dietro questo spettacolo tronfio ed eccessivamente leggero, con le spettacolari, ma anonime, battaglie tra gli automi e le battutine dei protagonisti ad alternarsi nel tentativo di sorreggere due ore e rotti di film senza un’idea precisa. Si procede così per inerzia fino ad un finale relativamente classico, tra tragiche perdite e conti chiusi col passato per guardare avanti verso un domani migliore: tutto nella norma, pure troppo.
Conclusioni finali
Una guerra tra gli umani e i robot all’insegna della leggerezza, per quanto qua ne vediamo soltanto la conclusione, in una società drasticamente mutata da una rivoluzionaria tecnologia che crea dipendenza. Una ragazza sulle tracce del fratello, dato per morto e forse invece ancora vivo, e un contrabbandiere dal cuore d’oro potrebbero essere determinanti per le sorti del mondo a venire.
Un blockbuster costosissimo ma privo di anima come i suoi monodimensionali protagonisti, tanto che risultano quasi più meritevoli di immedesimazione i vituperati robot, anche per via del cast vocale d’eccezione – almeno nella versione originale. The Electric State porta su schermo, con molte libertà, l’omonima graphic novel, banalizzandola in favore di una visione usa e getta, che si dimentica in fretta e che non offre nulla di originale nella sua rimasticazione di topoi e suggestioni, memore di passati cult a tema.