The Electric State – La Recensione del film più costoso nella storia di Netflix
ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film Netflix The Electric State Il film più costoso della storia di Netflix è finalmente sbarcato sulla piattaforma. Ed è anche, di conseguenza, il più controverso. Sì, perché si è parlato (comprensibilmente) tanto di The Electric State. E spesso lo si è fatto male, e da qui alcuni dei malintesi… Leggi di più »The Electric State – La Recensione del film più costoso nella storia di Netflix The post The Electric State – La Recensione del film più costoso nella storia di Netflix appeared first on Hall of Series.

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film Netflix The Electric State
Il film più costoso della storia di Netflix è finalmente sbarcato sulla piattaforma. Ed è anche, di conseguenza, il più controverso. Sì, perché si è parlato (comprensibilmente) tanto di The Electric State. E spesso lo si è fatto male, e da qui alcuni dei malintesi che hanno accolto l’uscita dell’ambiziosa pellicola firmata dai Fratelli Russo. Il primo riguarda l’accostamento tra “costoso” e “migliore” cui è andato incontro il film. The Electric State è il lungometraggio con più budget nella storia di Netflix (e anche, in generale, uno dei più costosi di sempre), ma sicuramente non è stato concepito per essere il “migliore” (qui, invece, ecco cinque film della piattaforma poco pubblicizzati, ma da vedere assolutamente).
Certo, siamo d’accordo che un budget di 320 milioni di dollari poteva essere utilizzato molto meglio. Tuttavia The Electric State in fin dei conti fa quello per cui era stato concepito: intrattiene. Lo poteva fare anche con un budget molto inferiore? Assolutamente. Però, non facendo i contabili di Netflix, questo è un problema che in fondo non riguarda lo spettatore. Il film con Millie Bobby Brown va preso per quello che è, in barba ai fiumi di milioni spesi. E con questo spirito ne parleremo in questa recensione.
La spettacolare estetica di The Electric State
Partiamo dal tratto migliore del film. L’estetica di The Electric State è semplicemente spettacolare. Il film, ricordiamolo, adatta l’omonima graphic novel dell’artista svedese Simon Stålenhag e l’influsso dell’opera, sotto il punto di vista visivo, è evidente. Ci troviamo in un mondo distopico in cui si è combattuta una feroce (e abbastanza grottesca) guerra tra gli esseri umani e i robot. Questa si è conclusa con la vittoria dei primi, che però si sono, a loro volta, ampiamente meccanizzati. L’aspetto fantascientifico si ferma poco oltre questo punto in realtà, risultando dominante più sul lato estetico che su quello narrativo.
A prendersi la scena sono proprio i robot, concepiti come bizzarri e variegati animatronic, che ci riportano proprio a quegli anni 90 che, distorti, prendono vita in The Electric State. Questi robot sono realizzati con estrema cura (almeno in questo caso si giustifica la spesa) e il colpo d’occhio che regalano è decisamente appassionante. Anche la costruzione del mondo distopico, in realtà, è affascinante, con la distruzione dilagante e quell’oasi di libertà che i robot hanno provato a costruire in un ex centro commerciale che, ancora una volta, rimanda potentissime vibes anni ’90. Insomma, esteticamente è un film davvero bello da guardare, ma andando più a fondo iniziano a emergere le problematiche che hanno affossato il film.
Un racconto familiare e ironico
A un livello intermedio di riuscita, per così dire, c’è il tono del racconto, che prova a mescolare un po’ troppe voci. C’è la fantascienza, come abbiamo detto, che si coniuga bene con la distopia, ma questi riferimenti si fermano a un livello contestuale, senza riuscire a permeare il racconto. La narrazione, infatti, si ancora prepotentemente a uno spiccato tono familiare, che può effettivamente risultare un po’ spiazzante. Il racconto oscilla tra l’ironico e il sentimentale. Prende la forma del più classico dei film per famiglie, di quelli da guardare tutti insieme sul divano con un arsenale di schifezze a disposizione. Non è un problema, questo, di per sé, però lo è se pensiamo alle aspettative che hanno accompagnato il film.
Torniamo così un po’ al discorso dell’introduzione. Chi si aspettava un’epica fantascienza o una cupa distopia è destinato a rimanere deluso. The Electric State è tutt’altro. Il problema, però, è che prova a essere un po’ troppe cose, finendo per rimestare in un calderone di tematiche, tratte da tutte queste voci che animano il racconto, che rendono il film una sorta di mosaico di cose già viste. Pur con una punta di unicità rappresentato da quella sfilza di robot che, con loro aspetto meccanico e grottesco, riescono puntualmente a colpire lo spettatore.
The Electric State è qualcosa di unico e di già visto allo stesso tempo
Qui arriviamo alla parte più zoppicante del film. Dal punto di vista tematico, The Electric State si poggia su tutta una serie di elementi classici delle anime narrative, ma essendo queste diverse, questi temi non hanno spazio e tempo di dispiegarsi a dovere. Sotto il versante della distopia e della fantascienza abbiamo il pregiudizio e l’umanità che si rivela meno umana dei robot stessi. Sotto il versante familiare c’è il sacrificio, fondamentale in tutto il racconto e decisivo per l’epilogo. Insomma, The Electric State non s’inventa assolutamente nulla ed è chiaro, dunque, che il punto di forza finisca per essere l’estetica, l’unico tratto veramente distintivo del film.
Il film di Netflix prova a conquistarci sia con adrenalinici combattimenti che con grandi sentimenti. Tenta di abbattere il binomio umanità-robot e allo stesso tempo sottolinea la genuinità dei valori familiari. Prova, in sostanza, a fare tante cose. Decisamente troppe. È chiaro che riuscire a veicolare tutti questi temi, mantenendo una pluralità di voci, era in partenza un compito impossibile. E infatti ne esce fuori un racconto sbiadito dal punto di vista della sostanza. Affascinante nella forma, quello sicuramente, ma un po’ povero quando poi occorre andare oltre gli aspetti estetici.
The Electric State è un fallimento per Netflix?
Alla luce di tutto ciò di cui abbiamo parlato, proviamo a rispondere a questa domanda. Per certi versi sì, perché quello che abbiamo visto in The Electric State poteva essere fatto con un budget molto più contenuto in fin dei conti, sacrificando un po’ il lato estetico ma, alla fine, il senso del racconto sarebbe comunque arrivato. Dall’altro, però, non siamo di certo di fronte a un film pessimo. Non viene la voglia di abbandonare la visione, anzi. La narrazione è abbastanza appassionante e coinvolgente, merito anche della coppia di protagonisti, Chris Pratt e Millie Bobby Brown (attaccata, purtroppo, per il suo aspetto negli ultimi tempi) che funziona abbastanza bene.
Quindi, tirando definitivamente le fila del discorso. Con The Electric State abbiamo un bel film per famiglie, che intrattiene per quelle due ore, lasciando poi un po’ poco di sé allo spettatore. Un risultato che non giustifica la spesa, per carità, ma finché i soldi non sono i nostri, in fin dei conti, cosa c’interessa? Se l’obiettivo è quello di passare due ore in relax, magari in una domenica uggiosa, con un bel film poco impegnativo ma appassionante da seguire, il risultato viene ampiamente raggiunto. Se ci si aspetta qualcosa in più, però, si è destinati a rimanere ampiamente delusi dal blockbuster di Netflix.
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