Hervé Barmasse racconta a Montagna.tv la sua avventura invernale sul Gran Sasso
I panorami sconfinati, la storia dell’alpinismo e non solo, il vento incessante, le differenze tra la neve del Tirreno e dell’Adriatico. Ma anche la complicità con i nuovi amici dell’Aquila L'articolo Hervé Barmasse racconta a Montagna.tv la sua avventura invernale sul Gran Sasso proviene da Montagna.TV.


Le cifre, impressionanti, sono già state diffuse da qualche giorno. Due giorni di tecnica e di fatica per concatenare 17 vette oltre i 2000 metri di quota, con 7200 metri di dislivello in salita e per un totale di 67 chilometri.
Una prima giornata vissuta quasi completamente sci ai piedi con l’eccezione della salita serale al Corno Grande, una seconda con piccozza e ramponi sulle creste del settore orientale del massiccio, percorrendo in condizioni invernali il difficile Sentiero del Centenario.
A qualche giorno di distanza, però, Hervé Barmasse parla soprattutto della grande bellezza del Gran Sasso, delle difficoltà e delle sorprese che il gigante dell’Appennino riserva a chi è abituato a frequentare i “quattromila” delle Alpi. Racconta dei suoi nuovi amici dell’Aquila, che gli hanno trasmesso la passione per un massiccio straordinario.
Tutto è iniziato nell’estate del 2023, quando Hervé è stato coinvolto nelle riprese di “Monte Corno, pareva che io fussi in aria”, il film di Luca Cococcetta dedicato alla prima ascensione, nel 1573, della vetta più alta del Gran Sasso. “Sono arrivato all’Aquila di pomeriggio, non avevo mai visto la montagna, sono stato travolto dall’entusiasmo di Luca, di Roberto e di Pierluigi Parisse e degli altri”, spiega Barmasse prima di raccontare la sua traversata invernale.
“Il giorno dopo, per le riprese del film, ho salito in solitaria lo Spigolo sud-sudest, una delle vie più classiche del Corno Grande. E intorno a me ho scoperto un paesaggio e una storia straordinari” prosegue. “E’ stata una giornata magnifica, e quando sono ripartito per la Valtournenche sapevo di voler tornare sul Gran Sasso, stavolta d’inverno e da solo”.
Nell’inverno 2023-’24, la mancanza di neve impedisce di mettere in pratica il progetto. Quest’anno la neve è arrivata, e a marzo Hervé si ripresenta all’Aquila. Il meteo è al beau fixe, le condizioni sono buone. Oltre agli amici già conosciuti in estate altri due montanari aquilani, Paolo Boccabella e Igor Antonelli, indicano a Barmasse il percorso da seguire.
“Spesso noi che arriviamo dalle Alpi, e dalle vette più alte d’Europa, guardiamo all’Appennino con sufficienza. Io non ho commesso questo errore”, racconta l’alpinista legato a filo doppio al Cervino.
“Ho scoperto che la neve che arriva sul Gran Sasso dal Tirreno è diversa da quella dell’Adriatico, e che quando si cambia versante si passa da pendii duri come il marmo ad altri in cui si sprofonda fino alle anche. Ho imparato che al Gran Sasso il vento soffia sempre, e tutte le volte che sono arrivato su una vetta mi sono dovuto coprire”.
L’itinerario passo dopo passo
Il percorso suggerito a Hervé dagli amici aquilani è iniziato dal Passo delle Capannelle, sulla statale che unisce L’Aquila a Teramo, e ha seguito nel primo tratto il crinale principale del massiccio. Le larghe e facili creste del Monte San Franco e del Monte Jenca, qualcosa di più aereo sul Pizzo di Camarda.Dalla Cresta delle Malecoste, però, Hervé ha lasciato lo spartiacque per dirigersi verso il Monte Corvo e il Pizzo d’Intermesoli, due imponenti montagne protese sul versante teramano. Poi, dalla Sella dei Grilli, il ritorno allo spartiacque per salire la Cima Giovanni Paolo II e il Pizzo Cefalone. Prima del meritato riposo nell’Ostello di Campo Imperatore, la salita serale verso i 2912 metri del Corno Grande, l’unica cima che Hervé aveva già salito in estate.
Nella salita con ramponi e piccozza, la pila frontale dell’alpinista impegnato nei canali di neve della Direttissima ha offerto un’immagine straordinaria a chi lo seguiva dal basso. La discesa al buio per il Canalone Bissolati, tecnicamente più facile ma con neve dura come il marmo, è stato un altro momento importante.
Il secondo giorno, più breve ma altrettanto impegnativo, ha portato Barmasse sulle facili creste del Monte Aquila e del Brancastello, sulle Torri di Casanova percorse da un sentiero attrezzato, e poi sull’interminabile e impegnativo crinale, in buona parte roccioso, che si allunga verso i monti Infornace, Prena e Camicia.
“Da lontano sembrava che non si potesse passare, poi passo dopo passo ho trovato la via giusta” spiega Hervé, che ha percorso lo storico Sentiero del Centenario, che anche in estate offre un percorso alpinistico in piccola parte attrezzato.
“Me lo aspettavo meno faticoso, ma con la neve abbondante, tra torri di roccia e canali, in più punti sono sprofondato fino alla vita” racconta l’alpinista valdostano. Alla fine, per completare la collezione dei “duemila” del Gran Sasso, Hervé ha rinunciato alla facile discesa per il Vallone di Vradda per continuare sulla cresta, costeggiare le cornici alla sommità della parete Nord del Camicia e raggiungere anche il Monte Tremoggia.
Qualche anno fa, intorno alla prima traversata invernale del Centenario, si è scatenata una piccola competizione tra alpinisti abruzzesi e romani. La cresta dal Passo delle Capannelle al rifugio Duca degli Abruzzi, nettamente più facile, è stata percorsa d’inverno più volte. Secondo gli amici aquilani di Hervé, però, il suo percorso che include il Pizzo d’Intermesoli e il Corvo non era mai stato seguito prima.
“Se la mia traversata è stata un percorso inedito sono ovviamente felice, ma io non sono andato a caccia di record. Lo dimostra il mio zaino, che conteneva un fornello, un piccolo drone e altri carichi incompatibili con una progressione ultraveloce” racconta ancora Barmasse.
A stupire l’alpinista valdostano, oltre al vento incessante e a una neve diversa da quella delle Alpi, sono state anche la ricchezza e la cultura (alpinistica e non) del Gran Sasso e del resto dell’Appennino. “Sapevo di Aldo Bonacossa che un secolo fa ha esplorato queste montagne sci ai piedi, conosco e apprezzo l’alpinismo di Roberto Iannilli, che ha trovato e salito decine di vie nuove con grande abilità tecnica e con il cuore. Quanto alla storia, ho l’impressione che in Abruzzo ce ne sia ancora più che sulle Alpi” conclude Hervé Barmasse.
In futuro, la nuova avventura dell’alpinista valdostano sul Gran Sasso diventerà un docufilm, realizzato con l’aiuto del regista Cococcetta. “Nelle prossime settimane avrò del tempo, e penserò a come strutturarlo” continua Hervé. “So molto bene, però, che il taglio del racconto sarà molto “umano”, e avrà al centro il rapporto con i miei nuovi amici e con la storia. Non mi interessano i record stabiliti senza fare attenzione al territorio e alla sua gente”.
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