Maurizio Costanzo, nel primo album il potere immaginifico delle parole
“La faccia delle persone” è il primo album del cantautore Maurizio Costanzo, docente della classe di oboe al conservatorio di Cosenza L'articolo Maurizio Costanzo, nel primo album il potere immaginifico delle parole proviene da imusicfun.

In un mercato discografico frammentato, pervaso da eloqui volgari e giovanilistici, violenti e quasi sempre saturi di un concitato e sofferente amore-mio-non-posso-vivere-senza-di-te, descrittivi e comunque privi di marcate impronte poetiche, capita di incontrare Maurizio Costanzo, un cantautore (bolognese ma di origine calabrese) che scandaglia attentamente il mondo delle emozioni e delle relazioni sociali. E lo fa con apparente disinvoltura e sfruttando con una certa abilità il potere immaginifico della lingua italiana. Il risultato? Otto storie che sono una sintesi del suo percorso autobiografico: sentimenti, famiglia, incontri, esperienze di vita, malattia di Parkinson.
Dopo lo studio prima in conservatorio e poi all’università. Dopo la professione di musicista classico, svolta per molti anni. E ancora: dopo la passione per il giornalismo e l’esperienza imprenditoriale nel settore dell’editoria, Maurizio Costanzo – attualmente docente della classe di oboe al conservatorio di Cosenza – esce con il suo primo album “La faccia delle persone” (pubblicato dall’etichetta bolognese Parametri Musicali). Tante esperienze, insomma, cambi di rotta e nuovi inizi che si sovrappongono, aprendo strade mai percorse prima.
L’album, uscito in formato fisico, in digital download e su tutte le piattaforme streaming, è nato grazie alla collaborazione con Roberto Costa, nota figura di riferimento della musica leggera italiana, arrangiatore e collaboratore storico di Lucio Dalla, Ron, Luca Carboni, Mina, Gianni Morandi.
Già al primo ascolto è facile riconoscere sonorità calde e a volte malinconiche, che avvolgono e accompagnano con passo felpato ed elegante l’intima narratività dei testi. Mentre nella foto di copertina l’artista bolognese dà vita a divertenti e ironici travestimenti, prendendo le sembianze di un impiegato, di un turista, di un prete, di un teppista, di un clochard, di un marinaio e di una seducente e ammaliante donna. Un’immagine che è sintesi delle diverse personalità insite in ognuno di noi.
“Tutto quello che rimane”, prima traccia del disco, è un brano caratterizzato da uno stile personale, mentre le parole volteggiano tra riflessioni, ricordi, dubbi, esplosioni di gioia che fanno da contraltare alla ripetitività delle narrazioni musicali che il mercato discografico ci offre. È un affresco che riflette toni chiaramente song-folk, principalmente nelle parti strumentali, e ci dà subito l’idea di un disco registrato prevalentemente in presa diretta. Il testo parla della difficoltà che abbiamo nel comunicare e instaurare relazioni: quanto più ipocriti e bugiardi siamo, tanto più spietati e giudicanti saremo con noi stessi, con la conseguente paura di mostrarci realmente per quello che siamo (“…nel mondo intero le persone stanche / si abbandonano nel vento una sola volta all’anno / e intanto con orgoglio allungano il collo / per sentire il proprio nome pronunciato nel silenzio”). Tutto quello che rimane da mostrare agli altri, insomma, sono solo le nostre facce.
Le sonorità acustiche, totalmente avulse dalle sollecitazioni e istanze che lo sterminato mare magnum del trap, rap, hip hop ci offrono e in cui trova terreno fertile quasi tutto il mainstream italiano, potrebbero essere il giusto input a sostegno della libertà creativa esibita dall’artista bolognese: libertà che non sembra tradire nemmeno nell’affrontare tematiche ovvie e, oggi più che mai abusate, come l’amore e il tradimento. Il testo di “Aspettando amore” riflette sulla reale possibilità di destabilizzazione del nostro equilibrio interiore se manca l’amore, non necessariamente quello tra uomo e donna, ma qualsiasi tipo, anche platonico. Tutti nella propria vita – canta Costanzo con toni morbidi, mai aggressivi, mentre parole e musica si fondono e scorrono in modo semplice ed elegante – hanno momenti in cui aspettano l’amore: una casalinga, un bambino sui banchi di scuola, una nonna alle prese con i ricordi che si sbiadiscono o un prete sull’altare (“…e con un cacciavite aggiustiamo le emozioni / trucchiamo gli specchi per sembrare migliori / e mia nonna ancora aspetta davanti a una finestra / che si sciolga la neve e che arrivi l’amore”).
Le storie raccontate da Costanzo, aprono percorsi da seguire, pensieri da focalizzare con la nostra attenzione, esperienze da condividere: così come in “Mia madre ha il Parkinson”, che si sofferma, con dolcezza quasi commovente, sull’esistenza destrutturata e ormai avvilita di chi affetto da una malattia degenerativa mastica quotidianamente rabbia e lacrime, contatta la sconfitta e prende confidenza con la leggerezza delle proprie ossa (“allora dimmi cosa posso fare / sono il figlio di una bambola che ha sete e fame / e le dita aggrovigliate / e gli occhi che non hanno pace si muovono per farsi capire”); o nella malinconica “Biancaneve”, che mette a fuoco la responsabilità della forza materna e l’impalcatura etica di una donna, consapevole che la vita positiva, nonostante le avversità della vita, è comunque sempre alla portata di mano (“Biancaneve ascolta il mondo e il silenzio che ha dentro / allontana ogni mattina il destino e tutta la paura / poi arriva un temporale e porta via ogni dispiacere”).
Articolo di Simonetta Iori
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