
Mi capita spesso di riflettere sull’evoluzione geologica del
MEDITERRANEO centrale e, ogni volta, resto affascinato dall’intensità dei fenomeni che si sviluppano lungo l’
ARCO CALABRO. Questo settore, secondo diverse ricerche internazionali (tra cui un interessante articolo pubblicato su “Nature”), si distingue per la
CONVERGENZA tra la placca dell’
AFRICA e quella dell’
EURASIA, dando vita a un processo di
SUBDUZIONE arcuata accompagnato da un rapido
ROLLBACK. Questi meccanismi spingono la litosfera immersa a ritirarsi verso est-sudest, modificando in maniera profonda l’assetto geodinamico di tutta l’area. A mio avviso, uno degli aspetti più
SIGNIFICATIVI riguarda la
COMPRESSIONE crostale che, generata dalla collisione tra le placche, viene parzialmente bilanciata nel prisma d’accrezione. Allo stesso tempo, la deformazione transtensiva legata a faglie trascorrenti determina la frammentazione del margine in zone distinte, riorganizzando i blocchi tettonici con velocità variabili. Quando approfondisco lo studio delle faglie locali, non posso fare a meno di concentrarmi sulle due principali strutture sismogenetiche dell’area: la faglia
ALFEO–ETNA (conosciuta come AEF) e la
IONICA (IF). La prima collega il seamount
ALFEO con il
MONTE ETNA, seguendo una direzione nord-nordovest/sud-sudest, mentre la seconda, inclinata nordovest/sudest, separa i due lobi fondamentali del sistema di
SUBDUZIONE: quello occidentale e quello orientale. Ritengo
FONDAMENTALE sottolineare come le analisi sismiche multicanale mostrino che entrambe le strutture fungono da confini tettonici crostali, delimitando una zona deformativa decisamente articolata. Nel lobo occidentale si osserva una discesa crostale scandita da faglie transtensive, attive fin dal
PLEISTOCENE su configurazioni geologiche ereditate dal dominio della
TETIDE mesozoica. Di grande interesse è il legame tra queste faglie e la nascita del
MONTE ETNA. Gli studi suggeriscono che l’attività tettonica recente, in cui la faglia
AEF e la
IF, assieme a porzioni della scarpata di
MALTA, abbiano contribuito sia all’intensa sismicità sia alla
GENESI del vulcanismo attivo della regione. Personalmente trovo sorprendente che un complesso vulcanico così imponente sia connesso a dinamiche di
DEFORMAZIONE che si estendono dal margine continentale all’offshore, sottolineando l’importanza dei processi di risalita del magma in zone di debolezza litosferica. Nonostante la prossimità geografica, i modelli geodinamici evidenziano differenze funzionali tra la
AEF e la
IF. La
AEF rispecchia una
DEFORMAZIONE trascorrente destrorsa, collegata al moto differenziale tra i margini tirrenici occidentale e orientale della
SICILIA, mentre la
IF manifesta, soprattutto nel tratto nordoccidentale, deformazioni attribuibili all’arretramento della placca
IONICA. Questi contrasti meccanici favoriscono la segmentazione e la rifting del margine occidentale, alimentando divergenze tra blocchi adiacenti e ponendo le basi per continui aggiustamenti tettonici. Credo che questa complessità geologica renda l’
ARCO CALABRO uno dei migliori esempi mondiali di come la collisione fra placche possa assumere configurazioni estremamente variegate nel giro di pochi milioni di anni. Approfondendo la struttura interna, le tomografie sismiche dell’area centrale illustrano una lastra immersa che affonda fino a 500 km di profondità, associata a una ben definita zona di
WADATI–BENIOFF. L’evidenza di un contesto
STEP (Subduction-Transform Edge Propagator) all’interno del sistema
CALABRO–SICULO trova parallelismi con quanto si osserva nella zona delle
TONGA settentrionali, come discusso in un approfondito studio pubblicato dall’“American Geophysical Union”. Le faglie
STEP, localizzate ai margini laterali della lastra calabra, sono zone di frattura generate dal
ROLLBACK in atto. Mentre la
CALABRIA si sposta verso l’esterno rispetto alla
PUGLIA (circa 2 mm all’anno), le regioni limitrofe, come la
SICILIA e la
PUGLIA stessa, mantengono una relativa stabilità. Personalmente, trovo impressionante come l’intero mosaico tettonico si evolva in risposta a queste piccole ma continue variazioni di velocità. L’area racchiusa tra il
MAR TIRRENO, la
CALABRIA e la
SICILIA nord-orientale è interessata da intense fasce di
DEFORMAZIONE attiva, come indicato da misure
GPS e registrazioni sismiche di elevata precisione. In questa zona si osservano interferenze tettoniche concentrate nello Stretto di
MESSINA e nel settore nord-orientale siciliano. Tra le principali strutture presenti, gli esperti menzionano la fascia compressiva tirrenica meridionale, la cosiddetta faglia Eoliana–Tindari, la faglia di
MESSINA e la discontinuità
CEFALÙ–ETNA. Mi pare evidente come tali configurazioni derivino da una riorganizzazione tettonica avvenuta durante il
PLEISTOCENE, scaturita dal rallentamento del
ROLLBACK e dalla cessazione dell’estensione nel retroarco tirrenico. Non posso infine trascurare il fatto che le faglie normali e transtensionali, identificabili nel settore offshore orientale della
SICILIA, testimonino un processo in atto di frammentazione del dominio
IONICO profondo. I blocchi
APULO e
IBLEO–IONICO mostrano movimenti individualizzati, delineando un sistema tettonico in perenne trasformazione. Nuove interpretazioni di linee sismiche parallele alla fossa, integrate con modelli numerici e studi sismologici, indicano che le eredità strutturali di origine
TETIDEA ospitino oggi fenomeni di slab tearing e interazioni tra microplacche. Tale scenario, a mio giudizio, enfatizza la forte segmentazione e la
VIVACE evoluzione del margine convergente dell’
ARCO CALABRO. Queste dinamiche, che si svolgono a temperature superiori ai 1000 °C nelle profondità della
LITOSFERA, dimostrano quanto il sottosuolo mediterraneo sia ancora in piena attività. A conti fatti, la complessità di questo settore rappresenta un
ESEMPIO emblematico della
CONVERGENZA tra la placca dell’
AFRICA e dell’
EURASIA, in cui
SUBDUZIONE,
ROLLBACK e fratturazione della litosfera si intrecciano, definendo l’attuale assetto geodinamico del
MEDITERRANEO centrale. Da quanto emerge anche in studi di rilievo come quelli pubblicati dall’“American Geophysical Union” e dal “Geophysical Journal International”, la natura
DINAMICA e segmentata dell’
ARCO CALABRO continuerà a influenzare la sismicità e il vulcanismo regionali, mantenendo vivo l’interesse scientifico e, a mio parere, alimentando lo stupore di chi osserva con attenzione i movimenti della
TERRA. Credit www.nature.com
I super “terremoti” nello Ionio