Ferrate nelle Dolomiti. la parola a una Guida alpina, dalla manutenzione ai nuovi frequentatori
La stagione delle ferrate dolomitiche sta per iniziare, almeno alle quote più basse. Daniel Rogger, della Scuola di Alpinismo di Sesto, racconta cosa sta cambiando in questo particolarissimo microcosmo della montagna L'articolo Ferrate nelle Dolomiti. la parola a una Guida alpina, dalla manutenzione ai nuovi frequentatori proviene da Montagna.TV.

La stagione bianca è al termine e con la mente si iniziano a programmare le attività della primavera e dell’estate. Per gli amanti delle ferrate le Dolomiti offrono, sui versanti esposti a sud, alcune vie già percorribili. Non molte, in verità, ma quanto basta per riprendere confidenza con questo genere di escursioni in vista della bella stagione.
Nelle Dolomiti di Sesto ci sono molte linee ferrate e in massima parte ricalcano percorsi della Grande Guerra quando gli Alpini o i Kaiserjäger proteggevano con cavi di acciaio, in alcuni casi anche semplici corde, gli itinerari più frequentati per raggiungere le proprie posizioni.
Abbiamo incontrato Daniel Rogger, Guida alpina altoatesina della Scuola di Alpinismo di Sesto e con lui abbiamo parlato in modo diverso di alcune delle più note e frequentate ferrate e di tutto quello che ci sta intorno.
Si parla spesso di apertura o chiusura delle Vie ferrate anche a seconda del meteo. Lei cosa ne pensa?
Credo che sia impossibile deciderlo ed è bene così altrimenti diventerebbe tutto come un parco avventura. Le condizioni meteo cambiano in poche ore e per poter dire aperto/chiuso si dovrebbe salire a controllare ogni giorno. A volte anche in estate qui scende neve a quote non molto elevate oppure è sufficiente che cambi il vento per formare ghiaccio. Parliamo sempre di alpinismo in ambiente selvaggio dove, anche linee con difficoltà tecniche medio basse, possono diventare molto impegnative per la posizione e per l’avvicinamento. Sul nostro sito indichiamo con tre colori lo stato delle ferrate: verde per condizioni ottimali, giallo quando ci sono difficoltà che cerchiamo anche di spiegare e rosso quando ne sconsigliamo la frequentazione. Ma non si potrà mai dire “chiusa o aperta”. Penso che l’imprevisto sia parte della bellezza e del fascino della montagna, per questo si deve essere preparati e prudenti.
Può farci un esempio?
Certo, prendiamo la “Strada degli Alpini” per parlare di una delle ferrate più famose. Sulle vecchie guide c’era scritto “obbligo di piccozza e ramponi”, ma ora si percorre quasi sempre asciutta perché nevica molto meno. Certo all’inizio della stagione si possono trovare nevai e ghiaccio soprattutto dopo Forcella Undici verso il Passo della Sentinella ma sono condizioni che finiscono presto e non sono prevedibili. Questa è una ferrata non difficile, ma lo diventa per la lunghezza dell’avvicinamento e poi a Forcella Undici si può salire ancora o scendere, in entrambi i casi ci voglio molte ore con un gruppo per farla. Quando ci sono nevai attrezziamo con corde fisse per proteggere i passaggi ma anche in questo caso tutto può cambiare in poche ore, freddo vento o caldo e tutto diventa diverso dalla sera alla mattina.
Ogni quanto tempo salite a fare manutenzione?
La prima volta saliamo noi per verificare i cavi e gli ancoraggi poi in stagione il controllo diventa quasi giornaliero, abbiamo molte Guide Alpine che percorrono le vie ferrate ogni giorno e il contatto con l’ufficio è sempre in tempo reale. Quando uno di noi si accorge di un problema lo segnala subito e programmiamo l’intervento di manutenzione molto rapidamente.
Le ferrate della sua zona sono quasi tutte su itinerari della Grande Guerra. Può, invece, farci un esempio di una ferrata costruita recentemente?
La più recente è la Via Ferrata del Campanile Colesei dedicata alla memoria della Guida Alpina “Bepi” Martini. Quando l’abbiamo provata non abbiamo cercato i punti più facili, siamo saliti su quella che per noi era la linea più bella mentre le Vie Ferrate della Grande Guerra in genere sono state realizzate cercando i punti meno impegnativi. Sbagliando viene considerata “sportiva” ma non le è affatto sia per l’ambiente sia per il tempo di percorrenza dell’intero itinerario che non termina con il cavo d’acciaio. È in una posizione molto panoramica e l’attacco si raggiunge in un’ora, permette quindi anche a chi non ha grande esperienza di ferrate dolomitiche di provare tratti difficili e molto esposti.
Dopo il primo sopralluogo e la scelta di cui ci ha parlato per realizzarla quali sono i passi da seguire?
Non è facile perché sono molti i documenti da preparare. Noi dopo essere saliti e aver scelto dove far passare la via abbiamo fatto un disegno usando fotografie realizzate anche con il drone per calcolare bene la lunghezza e la posizione. Poi è necessario lavorare con un geologo e con un ingegnere per far bene i calcoli e scegliere che tipo di materiale utilizzare: quale acciaio, quale colla dove posizionare i fittoni…. Un altro aspetto importante è la valutazione dell’impatto ambientale e quando hai fatto tutto questo non è finito perché si deve parlare con i proprietari dei terreni dove passerà il sentiero, con le “Regole” del Comelico e con il Comune, molto lavoro ancor prima di iniziare a costruire la ferrata. Ora usiamo materiale omologato seguendo le indicazioni del progetto redatto da un ingegnere, che alla fine di tutto controlla e certifica la via che può durare davvero tanti anni.
Quali sono i punti da controllare di più e cosa provoca danni ai cavi?
Il cavo è facile da controllare perché si vede subito se ci sono problemi, poi si controllano i fittoni e gli ancoraggi. I problemi maggiori sono provocati dalle neve, soprattutto nei canali, perché quando scende o si sposta in primavera a volte spacca tutto. Per questo dove possibile interrompiamo il cavo e ne mettiamo tratti brevi perché più facili da sostituire e per evitare che la tensione provocata del peso della neve faccia troppi danni. Un altro problema sono i fulmini che tra le nostre montagne cadono molto spesso, in questo caso il danno è spesso negli ancoraggi più bassi, in genere sull’ultimo fittone. Poi ci sono le scariche di pietre e quelle sono imprevedibili, cadono e basta e non si sa mai dove.
Posso chiederle ancora qualche esempio in base alla sua esperienza di Guida Alpina?
Certo, possiamo parlare delle Vie Ferrate che salgono sul Monte Paterno dove troviamo due ferrate molto diverse tra loro. Da sud, quindi sul lato Veneto, la linea è stata ricostruita seguendo l’itinerario aperto dagli Alpini durante la Grande Guerra e si passa anche in alcune gallerie scavate a colpi di scalpello. Da nord invece la De Luca – Innerkofler è stata costruita penso negli anni 50/60 e queste sono le linee più richieste dai clienti perché tutti voglio vedere dall’alto le Tre Cime di Lavaredo. Eppure, sulla torre di Toblin si arriva da due Vie Ferrate non difficili, quella “Delle Scalette” molto emozionante, inoltre il panorama è ancora più ampio. Noi la proponiamo molto ai clienti ma la scelta ormai è quasi sempre per il Monte Paterno ma penso che i social network abbiano “fatto passare di moda” vie storiche molto famose come la Strada degli Alpini.
Negli anni la richiesta e la frequentazione è cambiata?
Sì davvero è cambiata tanto. Quando sono diventato Guida Alpina fa avevo molti gruppi che volevano fare la Strada degli Alpini, per dire un esempio, ma bisogna essere allenati e ascoltare i consigli della Guida per impiegare il giusto tempo. Ora si cerca con gli “hastag” sui social ed è così che ferrate storiche e molto belle sono richieste pochissimo.
L'articolo Ferrate nelle Dolomiti. la parola a una Guida alpina, dalla manutenzione ai nuovi frequentatori proviene da Montagna.TV.