Biancaneve Recensione: una rilettura live-action e femminista del celebre classico Disney
Da una popolare fiaba dei Fratelli Grimm scritta e pubblicata nel “remoto 1812”, e primo lungometraggio animato di casa Disney (siamo nel 1937 e il debutto di Walt Disney nel mondo del cinema d’animazione sarà premiato con un Oscar onorario), arriva oggi (nel “futuristico 2025”) una rilettura femminista e politically correct di Biancaneve. Un’operazione “controversa”, […] L'articolo Biancaneve Recensione: una rilettura live-action e femminista del celebre classico Disney proviene da Vgmag.it.


Da una popolare fiaba dei Fratelli Grimm scritta e pubblicata nel “remoto 1812”, e primo lungometraggio animato di casa Disney (siamo nel 1937 e il debutto di Walt Disney nel mondo del cinema d’animazione sarà premiato con un Oscar onorario), arriva oggi (nel “futuristico 2025”) una rilettura femminista e politically correct di Biancaneve. Un’operazione “controversa”, che si perde per strada un po’ la fiaba e la magia dei cartoni naive e ispirati dell’epoca, ma ne guadagna forse in termini di compiutezza audiovisiva e consapevolezza narrativa. Un’opera che sbarca in sala sull’onda anomala di mille e più polemiche (la scelta della protagonista non così “bianca” e/o “non abbastanza bella”, la realizzazione in CGI dei sette nani, l’innesto narrativo di una matrice “woke” e un buonismo giudicato per certi versi troppo estremo, ma anche le querelle collaterali riferite agli attori e ai loro rivendicati posizionamenti politici), ma che a conti fatti farà comunque la sua strada perché incarna e rappresenta il nuovo concetto di film d’animazione, figlio di un tempo ben più composito e disincantato di quell’oramai remoto 1937, e indirizzato non alle vecchie ma alle nuove smaliziate generazioni.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
La storia è arcinota. Biancaneve (la soave Rachel Zegler – le sue origini sono polacche e colombiane, anche se poi nella contestazione al colore della pelle vengono rievocate solo le sue origini colombiane), principessa bella e pura rimasta orfana e in balia della matrigna (Regina Cattiva – una splendida e risoluta Gal Gadot), dovrà cercare di difendersi dalle malvagità di quest’ultima, divenuta nera di invidia e rabbia quando il suo specchio riflesso le riferirà che non è (più) lei la più bella del reame. E, dunque, forte del suo candore e della sua femminilità racchiusi in quel ciondolo lasciatole dal padre che la voleva “Impavida, vera, onesta e fiera”, Biancaneve troverà il supporto dei saggi sette nani e il conforto del mondo della foresta, per salvarsi, rovesciare la sua posizione e riappropriarsi del suo – un tempo pacifico – regno. Tutto questo, ovviamente, passando per la fatidica e celebre minaccia della “mela avvelenata”.
Un coming of age super-moderno
Figlia di un femminismo moderno che non passa più per la sola bellezza esteriore e per la conquista di un principe (ricco e forte) capace di valorizzarlo, ma che si auto-determina nella sua volitiva consapevolezza, la Biancaneve di Rachel Zegler (di una bellezza soave e musicale che racchiude nel suo sguardo profondo un mix di purezza e integrità), si affiancherà stavolta a un fuorilegge, o ragazzo “di vita” (Jonathan – interpretato da Andrew Burnap), in grado di amarla in quanto donna libera e intraprendente e non in quanto principessa (rin)chiusa nel suo ruolo. Insomma, tutto un Nuovo Mondo da vivere e scoprire, contaminato dalla ricerca di pace e dai valori di integrità che la stessa Biancaneve vorrebbe trasferire anche nel suo futuro Regno.
Marc Webb (500 giorni insieme, The Amazing Spiderman 1 e 2, ma anche episodi pilota di tante serie tra cui Morte e altri dettagli e High potential) affronta la sfida di riproporre sul grande schermo un classico senza tempo, dovendosi altresì destreggiare tra le mille polemiche (piò o meno sterili) che hanno afflitto il film dal suo annuncio sino, e oltre, l’uscita in sala. Eppure, il risultato non è “malvagio” come in molti sostengono. Anzi. Si tratta semplicemente di un nuovo film, concepito, nato e cresciuto in un mondo diverso, e lontano anni luce dal suo omonimo ispiratore.
E, dunque, le scelte fatte dalla produzione anche sulla linea talvolta spinta dell’elemento woke, dell’inclusione e del politically correct, non sono da minimizzare né ostracizzare perché in fin dei conti ci restituiscono un mondo contemporaneo molto più sfaccettato, sfumato e ideologizzato di quello della “vecchia” Biancaneve e i sette nani. Una scelta di campo chiara sin dal titolo, volutamente epurato della sua appendice “…e i sette nani”, per lasciare invece spazio assoluto alla protagonista femminile e al suo doppio percorso di coming of age ed empowerement femminile. E, infatti, l’eroina di oggi è ragazza forte e determinata che può far leva sul proprio libero arbitrio e sulla propria bontà d’animo per confrontarsi con un mondo ostile dove la bellezza non è più mezzo necessario e sufficiente per affermarsi, ma è anzi messa in discussione e riconosciuta come arma a doppio taglio per la sua evanescenza, e il suo ineludibile strascico di frustrazione e amarezza (Regina Cattiva docet). E in questo contesto sociale dichiaratamente e ampiamente inclusivo, propositivo ed esaustivo, la Biancaneve “woke” (?) di Marc Webb assume una connotazione di modernità che, per forza di cose, è propria e può appartenere (e piacere) solo a questi nostri tempi.
A distanza di ben ottanta anni dall’uscita di Biancaneve e i sette nani, primo lungometraggio animato targato Disney, la celebre casa produttiva riporta al cinema il suo indimenticato successo, ma con le nuove fattezze live action, una sventagliata di modifiche moderne, e affidandone la regia al “navigato” Marc Webb. Il risultato è un film molto contestato pur nelle sue innegabili qualità. Perché in questo Biancaneve “woke” la scrittura, le qualità estetiche e musicali, e il casting (inclusa la scelta un po’ straniante di realizzare i nani in CGI tra i quali fa capolino anche un bizzarro sosia del nostrano cavalier Berlusconi) volano di pari passo verso una dimensione post-moderna che farà forse storcere il naso alle generazioni più “vecchie”, legate anagraficamente e sentimentalmente al colore e all’umore dei primi Disney e alla loro fattura istintiva e anche un bel po’ naive, ma non mancherà di conquistare i giovani d’oggi. Perché in questi tempi caotici e disordinati di me too, guerre, battaglie d’inclusione, la Biancaneve dell’anno 2025 sembra esattamente figlia legittima dei suoi tempi moderni e ideologizzati, in grado di incarnare estetica e valori coevi, anni luce lontani dalla creatura eterea che animava Biancaneve e i sette nani. Non più fanciulla indifesa da salvare ma impavida eroina ribelle a cui ispirarsi. E, quindi, davvero, chi è la più bella del reame? Solo il tempo saprà dire se si tratta di un film fuori (o dentro) i canoni estetici e concettuali dei nostri tempi. Come sempre, ai posteri l’ardua sentenza!
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