The White Lotus 3 è la realtà di cui non vogliamo vedere, sentire o parlare per niente
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Che si tratti di cuore o di prigione, l’importante è essere lontani. Almeno questo è quello che abbiamo capito dalle prime quattro puntate di The White Lotus 3 (che potete guardare come sempre su Sky e NOW). D’altronde, il lussuoso resort si è sempre rivelato una bolla nel mondo,… Leggi di più »The White Lotus 3 è la realtà di cui non vogliamo vedere, sentire o parlare per niente The post The White Lotus 3 è la realtà di cui non vogliamo vedere, sentire o parlare per niente appeared first on Hall of Series.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Che si tratti di cuore o di prigione, l’importante è essere lontani. Almeno questo è quello che abbiamo capito dalle prime quattro puntate di The White Lotus 3 (che potete guardare come sempre su Sky e NOW). D’altronde, il lussuoso resort si è sempre rivelato una bolla nel mondo, indipendentemente che si tratti delle Hawaii, dell’Italia o della Thailandia. Proprio come lo sciame di bolle di sapone che volteggia leggiadro tra i bambini in festa, in una qualsiasi domenica di sole.
Eppure basta un colpo di vento, un bimbo curioso, lo scodinzolare di un cane, e la bolla scompare. Senza neanche il fragore dello scoppio, non resta che qualche alone scivoloso tra il terriccio e le foglie secche.
Proprio la quarta puntata di The White Lotus 3 – intitolata appunto ‘Scappare o Cercare’ – apre le porte al tema della fuga.

Un fuggire da se stessi, dalle proprie maschere e dall’ipocrisia, come evidenziato anche nella recensione della puntata. Chi viene in Thailandia lo fa o perché cerca qualcosa o perché si nasconde da qualcosa. Ce lo ricorda il signor Ratliff (Jason Isaacs) parlando con l’enigmatico Greg Hunt (vecchia conoscenza delle passate stagioni). È tutta una grande scommessa a chi si nasconde (hide) e chi cerca (seek). In questo nascondino di bugie e identità resta da capire chi vincerà alla fine. Le tre scimmiette sagge ci insegnano che per sopravvivere in questo mondo sarebbe bene non parlare del male, non vedere il male e non sentire il male.
Ma tutte queste negazioni – quando varcano il confine del The White Lotus – diventano nient’altro che palliativi. Sedativi per non parlare della realtà, non vedere la realtà e non sentire la realtà. Annebbiati nel sonno delle bugie, una relazione può essere il sogno di una vita, un’amicizia longeva e fedele, e una famiglia può essere semplicemente decente. Così decente da nascondere il giudizio sotto un tappeto fatto di soldi e convenzioni, prescrizioni mediche e verità scomode. Un po’ come tutte le persone che diventano semplicemente copertina per un libro poco interessante. Eppure la copertina è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per sostare in prima fila sullo scaffale dei libri.
Uno vicino all’altro i libri di The White Lotus 3 sono belli, colorati, luccicanti e costosi. Patinati e illustrati, perfetti da esporre. Non comunicano niente.

Ancora una volta, la società più esclusiva e alla moda si trasforma in vetrina di realtà, diventando straordinariamente popolare e accessibile a tutti. Una metafora perfetta e senza sconti di un’umanità che diventa libretto di istruzioni per alieni. Incomunicabilità e menzogna, abbandonate a galleggiare come fiori di loto bianchi in un laghetto artificiale.
Perché i modelli che seguiamo a volte non sono nient’altro che ciò da cui fuggiamo. Così – sotto la luce misteriosa della luna piena – il The White Lotus diventa il bagno di realtà che fa scoppiare le bolle di sapone. Tuttavia la festa continua finché i bambini non avranno nient’altro con cui intrattenersi oltre il grigiume della normalità. Piangere – in fondo – serve a poco, soprattutto se si è come serpenti velenosi rinchiusi in una gabbia per turisti.
Ed è proprio in questo che Rick (Walton Goggins) si riconferma uno dei personaggi più accattivanti e carismatici di The White Lotus 3.

Un personaggio che si distacca dalla bolla, forse perché una bolla non l’ha mai voluta. Il Sawyer di una Lost senza botole né fumo nero, ma con lo stesso complesso e sfumato arcobaleno emotivo. Quando impari troppo presto a innalzare muri di cemento, la realtà finisce per sembrarti più fragile del cristallo. E a quel punto, è più semplice fingersi veleno che abbandonarsi allo zucchero. In mezzo a chi scappa, lui sceglie di essere colui che insegue. Forse solo per scoprire che la sua corsa è un cerchio perfetto, e che alla fine si torna sempre al punto di partenza. Come in un Monopoly, dove basta un imprevisto per ritrovarsi in prigione senza nemmeno passare dal via. Lo avevamo già detto e lo riconfermiamo: il punto forte di questa serie tv HBO è il cinismo.
D’altronde, se c’è una lezione che The White Lotus ci ha insegnato nelle stagioni passate, è che per vincere la partita non serve necessariamente possedere Parco della Vittoria. A volte, una buona strategia e un pizzico di fortuna bastano a ribaltare il gioco. Anche quando, dall’altro lato del tavolo, siedono ipocrisia e invidia. O quando la realtà diventa un cristallo sporco che offusca la vista, soffoca le parole e attutisce i suoni. Proprio come le tre scimmiette sagge, che forse, alla fine dei conti, così sagge non lo sono mai state. O almeno, non quanto credevano.
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