Lucio Corsi e la polemica su Altalena Boy: quando la musica racconta storie scomode

Lucio Corsi canzone incriminata e la polemica su Altalena Boy: raccontare storie non significa alimentare stereotipi. La recente polemica nata attorno al brano Altalena Boy di Lucio Corsi ha riacceso il dibattito sul ruolo della musica nel raccontare storie e sulla responsabilità degli artisti nel trattare temi sensibili. Al centro della discussione c’è la denuncia […] L'articolo Lucio Corsi e la polemica su Altalena Boy: quando la musica racconta storie scomode proviene da All Music Italia.

Mar 18, 2025 - 21:50
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Lucio Corsi e la polemica su Altalena Boy: quando la musica racconta storie scomode

Lucio Corsi canzone incriminata e la polemica su Altalena Boy: raccontare storie non significa alimentare stereotipi.

La recente polemica nata attorno al brano Altalena Boy di Lucio Corsi ha riacceso il dibattito sul ruolo della musica nel raccontare storie e sulla responsabilità degli artisti nel trattare temi sensibili. Al centro della discussione c’è la denuncia del marionettista rom Rašid Nikolić, che ha criticato il testo della canzone per l’uso del termine “zingari” e per il riferimento a una narrazione da sempre ritenuta infondata: il presunto rapimento di bambini da parte dei rom. Nikolić ha chiesto pubblicamente a Corsi di modificare il testo o ritirare il brano.

Lucio Corsi Altalena boy – Il contesto della polemica

La canzone Altalena Boy racconta la storia di un bambino scomparso dopo un giro della morte su una giostra. Nel testo si legge: C’è chi dice ‘l’hanno preso gli zingari. E l’han portato in un campo fuori Roma‘. Una frase che riprende un’antica leggenda metropolitana, spesso utilizzata per alimentare pregiudizi contro la comunità rom. Nikolić ha espresso preoccupazione per la diffusione di stereotipi dannosi e ha sottolineato come il termine “zingaro” sia ritenuto dispregiativo.

La libertà narrativa nella musica

Tuttavia, la questione solleva una domanda più ampia: fino a che punto un artista deve censurare o modificare la propria narrazione per evitare controversie?

La musica e la letteratura da sempre attingono dall’immaginario collettivo, utilizzando storie, miti e credenze popolari per costruire racconti. In questo caso, la frase incriminata non sembra rappresentare il pensiero dell’autore, ma piuttosto riportare un frammento del discorso comune. La scelta di inserire “C’è chi dice” sembra indicare una distanza critica da parte del cantautore.

La musica ha una lunga tradizione di raccontare storie che riflettono l’immaginario di un’epoca, anche quando questi racconti possono risultare controversi. E non è certo la prima volta che il termine “zingari” compare nelle canzoni italiane: basti pensare a Prendi questa mano, zingara di Iva Zanicchi, Ho visto anche zingari felici di Claudio Lolli, Il cielo d’Irlanda di Fiorella Mannoia o Rimmeluno zingaro è un trucco” di Francesco De Gregori. Il contesto e l’intento con cui un termine viene utilizzato dovrebbero essere sempre presi in considerazione prima di invocarne la censura.

Arte e responsabilità

Se da un lato è fondamentale promuovere un linguaggio rispettoso e inclusivo, dall’altro non si può negare agli artisti il diritto di esplorare, anche in modo critico, le credenze e le narrazioni popolari. Il rischio è quello di soffocare la creatività e ridurre l’arte a un campo minato dove ogni parola deve passare al vaglio di una sensibilità sempre più esigente.
Forse il punto di equilibrio sta nel dialogo. Nikolić ha proposto un confronto con Lucio Corsi per discutere la questione. Un’iniziativa lodevole, che potrebbe trasformare questa controversia in un’opportunità per riflettere sul potere della musica e sulla responsabilità di chi la crea. Ma è altrettanto importante riconoscere che le canzoni sono narrazioni, non dichiarazioni di intenti: raccontano il mondo con tutte le sue contraddizioni, senza necessariamente condividerle o avallarle.

Il precedente di Fabrizio De André

Un caso simile riguarda la canzone Sally di Fabrizio De André, in cui il verso originale “Non devi giocare con gli zingari nel bosco” è stato successivamente modificato in “Non devi giocare con gli svizzeri nel bosco“. Il motivo del cambiamento non è mai stato esplicitamente chiarito dall’autore o dai suoi eredi, ma si ipotizza che possa essere avvenuto per evitare polemiche legate agli stereotipi contro la comunità rom.
Alcuni critici ritengono che De André abbia fatto questa scelta per non rafforzare pregiudizi negativi, mentre altri vedono in essa un gesto ironico e surreale, poiché l’associazione agli “svizzeri” appare volutamente priva di un significato discriminatorio. Qualunque sia la ragione, questo episodio dimostra come la musica sia sempre soggetta a riletture e interpretazioni, e come il confine tra sensibilità e censura rimanga spesso sottile.

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