Ode al Dr. Greene di E.R, un personaggio che ha sfiorato la perfezione
ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU E.R. Se paragonassimo il pronto soccorso di E.R. a un grande albero in cui ogni elemento ha una sua specifica funzione, il Dr. Mark Greene sarebbe l’apparato radicale. Questo personaggio, amatissimo dal pubblico della serie senza eccezioni, è colui che tiene solidamente ancorato e unito lo staff del suo reparto:… Leggi di più »Ode al Dr. Greene di E.R, un personaggio che ha sfiorato la perfezione The post Ode al Dr. Greene di E.R, un personaggio che ha sfiorato la perfezione appeared first on Hall of Series.

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU E.R.
Se paragonassimo il pronto soccorso di E.R. a un grande albero in cui ogni elemento ha una sua specifica funzione, il Dr. Mark Greene sarebbe l’apparato radicale. Questo personaggio, amatissimo dal pubblico della serie senza eccezioni, è colui che tiene solidamente ancorato e unito lo staff del suo reparto: quello della medicina d’urgenza. Il suo temperamento buono e paziente gli consente di assimilare i problemi, gli ostacoli, le confidenze e le preoccupazioni dei colleghi, così da poterli filtrare, ripulire e poi riconvertire in nutrienti vantaggiosi per tutti. Proprio come fa una pianta per poter crescere e germogliare.
Mark è il punto di riferimento, le fondamenta, la spalla su cui appoggiarsi e trovare consolazione, colui che dà il passo, per usare una sua citazione. È il capo che tutti vorremmo avere, perché svolge il suo ruolo senza la presunzione di sentirsi superiore o migliore di qualcuno, che siano medici o infermieri, fino all’ultimo inserviente di cui nessuno si cura. Ma c’è ancora dell’altro. Il Dr. Greene è un abile mediatore, un pacificatore che predilige la collaborazione rispetto al conflitto. Lo abbiamo visto innumerevoli volte districarsi nei giochi di potere delle alte cariche ospedaliere, senza mai farsi corrompere e cercando un punto di accordo tra le parti. Il suo rapporto lavorativo con la Dr.ssa Weaver, piuttosto contorto per via della rigidità di quest’ultima, è uno dei filoni narrativi più coinvolgenti e meglio scritti dell’intera serie.
C’è una caratteristica di Mark che però, più di tutte, emerge rispetto agli altri medici di E.R.: quella di essere un grande osservatore. Dietro agli occhiali rotondi non gli sfugge nulla: l’anarchia distruttrice del suo migliore amico, il Dr. Ross; la fredda ambizione del Dr. Benton; il duro lavoro sottopagato delle infermiere; l’insicurezza e l’inesperienza dei nuovi tirocinanti come il Dr. Carter. Tra un caso tragico e l’altro, il Dr. Greene è costantemente lì, pronto a impartire insegnamenti a chi è alle prime armi perché, come dice sempre, “questo è un Policlinico Universitario, si è qui per imparare e non c’è nulla di cui vergognarsi”. E ancora, protegge gli amici anche quando compiono azioni discutibili. Aiuta, ascolta, accorre, interviene, risolve.
Ama la sua professione e tutta quella smisurata dedizione viene assorbita dai pazienti, goccia per goccia. Per questa ragione molti di coloro che hanno patologie croniche e che sono quindi dei frequentatori abituali dell’ospedale, arrivano all’accettazione dell’E.R chiedendo espressamente di lui. Loretta, per fare un esempio, la donna costretta a prostituirsi per mantenere i suoi figli.
Potrei continuare a elogiare il Dr. Greene per molte altre righe di questo articolo ma, ovviamente, ha anche dei difetti, seppure piccoli. Il cambiamento più significativo lo abbiamo notato dopo l’aggressione avvenuta nei bagni del pronto soccorso, nell’episodio Momenti difficili della terza stagione. Da questo evento in avanti infatti il suo personaggio, interpretato dall’eccellente Anthony Edwards, diventa via via sempre più complesso e vulnerabile. Inoltre, se spostiamo un attimo l’attenzione sulla sua vita privata, sappiamo che non è certamente rose e fiori tra il divorzio dalla moglie, la figlia adolescente ribelle, il rapporto litigioso con il padre e, successivamente, la crisi con da Dr.ssa Corday.
Ma fermiamoci un attimo. Ricordate chi compare nella primissima sequenza dell’episodio pilota di E.R., quella da cui è iniziata una storia lunga quindici anni? Ci avete pensato? La risposta è lui, il Dr. Greene, sdraiato sul lettino mentre cerca di dormire qualche minuto durante un turno di notte. E allo stesso modo, l’ultima scena dell’ultima puntata del medical drama vede protagonista la figlia maggiore, Rachel, diventata a sua volta una dottoressa.
Dalla prima all’ottava stagione Mark incarna la presenza costante e rassicurante che attraversa le storie di tutti, medici e pazienti. E anche dopo la sua morte precoce di cui parleremo tra poco, la sua persona diventa invisibile ma non per questo meno percepibile. Mi spiego meglio. Molti di voi, ancora oggi, ammettono di non riuscire più ad ascoltare la canzone Over the Rainbow, le cui note hanno accompagnato l’ultimo respiro di questo personaggio. Come vi capisco! Abbiamo fatto fuori i pacchi di fazzoletti dell’intero globo, vero? Ci è sembrato di aver perso un amico o un parente. È così. Eppure penso che anche voi di fronte a vicende e situazioni delle stagioni di E.R. successive, vi siate ritrovati più di una volta a esclamare ad alta voce: “Se ci fosse stato Mark avrebbe fatto in questo modo!”. O ancora: “Mark sarebbe stato perfetto in quella circostanza!”.
Inoltre sono gli stessi personaggi a nominarlo o a ricordarsi di lui. Un esempio? Nella puntata dell’arrivederci del Dr. Carter alla serie (altre lacrime), vengono proiettate alcune foto dei momenti trascorsi al pronto soccorso, e naturalmente compare anche il Dr. Greene, mentre è impegnato a spiegare qualche procedura all’ex-tirocinante. C’è persino un suo ritorno in un flashback della quindicesima stagione. Infine – e qui voglio farvi commuovere di nuovo – c’è QUEL muro con attaccate tutte le targhette con il cognome dei medici che sono passati dal nostro adorato Policlinico di Chicago. È Eli a condurci davanti alla parete, accompagnata da Abby che pone il suo cartellino insieme a quello di Luka. Il nome di Mark è lì, tra gli altri, perché di fatto la sua vita e quella del pronto soccorso sono state inseparabili.
La sua essenza è scolpita su quei mattoni, tra quei corridoi che si snodano in mezzo alle salette d’emergenza. O nella sala d’attesa, dove ha mostrato ai medici più giovani come si comunica la morte di un paziente a una fidanzata, un genitore, un fratello, e così via. Ma la sua presenza si avverte anche all’esterno, sotto il canestro da basket all’ingresso dell’ospedale, dove lui e Doug si sfidavano nell’uno contro uno (una tradizione portata avanti dagli altri medici del pronto soccorso, seguendo il loro esempio).
È proprio il Dr. Ross ad avergli dato il nomignolo affettuoso di Ciccio, con cui molti di noi lo rammentano. I due sono il giorno e la notte, perfettamente in linea con la splendida dicotomia che contraddistingue E.R. e di cui abbiamo scritto anche qui. Se Mark è pieno di pregi e di umiltà, Doug trabocca di eccessi e di presunzione. Tuttavia insieme sono bellissimi.
Se vogliamo completare la descrizione di questo personaggio e comprendere perché abbia praticamente rasentato la perfezione, dobbiamo aggiungere che il Dr. Greene è il protagonista di alcuni tra gli episodi più emozionanti della serie. Sicuramente starete pensando alla puntata Sulla spiaggia, però io ricordo con affetto anche altri istanti. Quando ha assistito al parto gemellare di Carol, sostituendo Doug come amico e non come dottore, ad esempio. O quando ha accompagnato il padre in carrozzina a fare un’ultima gita in barca sul Lago Michigan. La diagnosi sbagliata su di una partoriente che le è costata la vita e la successiva denuncia da parte del marito. La lettera che ha scritto ai suoi colleghi pochi giorni prima di morire, esposta ad alta voce dal Dr. Carter davanti a tutto il reparto. Ha pensato a loro fino alla fine e non poteva che essere così.
E infine, il suo ultimo turno di lavoro al Policlinico, durante la puntata ricca di avvenimenti dal titolo La cintura di Orione. In questi 40 minuti Mark svolge il suo lavoro come ha sempre fatto. Passa il testimone di responsabile all’ormai preparatissimo Dr. Carter, e c’è anche una novità. L’arrivo del Dr. Pratt, che segue il Dr. Greene per tutta la rotazione scontrandosi con la dolorosa realtà dell’E.R. e dei suoi malati. Un erede ulteriore che prenderà le redini del gruppo dopo il Dr. Carter.
Tra le pareti di quell’ospedale funziona così. I dottori vanno, vengono, cambiano o muoiono, esattamente come in qualsiasi ciclo vitale. Tuttavia, come in ogni ciclo, c’è sempre un punto d’inizio, un principio che segna l’avvio di qualcosa. In E.R. quella radice primordiale è il Dr. Greene, il cui merito è stato quello di aver sostenuto e accudito generosamente il suo albero preferito. Il pronto soccorso in cui ha salvato migliaia di vite e che giorno dopo giorno è maturato, facendo sbocciare dei meravigliosi fiori e frutti. Quelli scritti sulle targhette di quel muro nascosto in uno stanzino. Dal Dr. Greene al Dr. Morris, e poi da capo.
Una cosa è certa: E.R. avrebbe meritato una fine migliore
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