Cesare Cremonini: “Ho sofferto, ho lottato e ho vissuto per questo”

Cesare Cremonini non si sente in credito con la fortuna e non ha paura ad ammetterlo. Le sue parole in un'intervista al Corriere della Sera. L'articolo Cesare Cremonini: “Ho sofferto, ho lottato e ho vissuto per questo” proviene da imusicfun.

Mar 22, 2025 - 20:30
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Cesare Cremonini: “Ho sofferto, ho lottato e ho vissuto per questo”

Cesare Cremonini non si sente in credito con la fortuna e non ha paura ad ammetterlo. Le sue parole in un’intervista al Corriere della Sera.

Ho sofferto, ho lottato e ho vissuto per questo. E la ricetta per farcela l’ho scoperta cammin facendo“, racconta l’artista. Dopo il successo del suo ultimo album Alaska Baby, che ha ottenuto ottimi riscontri di pubblico e critica, il cantautore bolognese si prepara a un grande tour negli stadi previsto per la prossima estate.

Cremonini trova ispirazione anche nella quotidianità e negli incontri speciali. “Quando c’è il sole scendo a piedi a Bologna, che mi abbraccia e mi protegge come un figlio. L’ultima volta in cui ci sono andato ho incontrato Vasco Rossi sotto ai portici. ‘Camminare è importantissimo’, mi ha detto. L’ho abbracciato forte. Cammino molto anche io”, confessa a Walter Veltroni. Il cammino, fisico e metaforico, è stato una costante nella sua carriera, che ha vissuto alti e bassi. “Roberto De Luca, presidente di Live Nation, venne a vedermi quando ormai pensavo di non farcela. Mi disse: ‘Sei il più bravo che abbiamo sul palco, iniziamo da qui’. Era il 2010, avevo già trent’anni, ma decisi di tentare”.

Cesare Cremonini si apre anche sulla sua infanzia e sulla sua famiglia: “Sono cresciuto nella bolla familiare di un padre già anziano mentre ero bambino, una madre molto più giovane di lui e un fratello maggiore con cui ho condiviso tutto. Durante le notti in cui dormivamo ancora nella stessa stanza mi chiamava: ‘Ce’, vieni qui’. Io mi infilavo sotto le sue coperte restando sveglio a sbirciare, da un lembo del lenzuolo rialzato, il buio intorno a noi. Una parte della mia fantasia si è accesa sotto quelle coperte legandosi al silenzio della notte”.

L’attenzione del pubblico è centrale nella sua carriera: “Io non vivo per ricevere l’attenzione del pubblico, ma la cerco costantemente, perché so che solo lui può completare il ciclo di una mia opera e anche della mia vita. La mia carriera insegna che il pubblico non ascolta solo con le orecchie, lo fa sempre anche con gli occhi. Comprende, vede l’invisibile e sa proteggerti”.

Cremonini ha iniziato a scrivere canzoni da bambino: “Iniziai a scriverle in una lingua tutta mia, usando i suoni più che le parole. Mia madre si infuriava perché le registravo sopra i nastri che mio padre usava per i suoi convegni medici, disegnando a mano le copertine. Ma a tredici anni dissi ai miei compagni di scuola, con cui avevo messo in piedi una band, che pensavo fosse ridicolo non cantare in italiano. Volevo diventare un cantante come lo erano i miei miti: Lucio Battisti, Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Vasco Rossi, e Lorenzo, che è stato centrale per la mia generazione”.

La prima canzone che lo fece sentire davvero bravo fu Vorrei: “Nacque, nota per nota, su un pentagramma di fantasia immaginato sul soffitto, come ne La regina degli scacchi. Si chiamava Vorrei. Quella forma verbale, il condizionale usato in amore, era una parola gentile. Vorrei al posto di Voglio”.

Jovanotti fu una figura chiave nella sua crescita artistica: “Fu il primo ad aprirmi una porta con Mondo nel 2010. Mi disse: ‘Gli stadi un giorno saranno il tuo terreno di gioco’. Oggi ho la grande fortuna di poter creare progetti con una visione molto più ampia. Non faccio solo musica, cerco sempre di fare qualcosa anche per la musica”.

Riguardo alla musica nell’era digitale, Cesare Cremonini è critico: “Chi si vanta di copie vendute oggi non ha capito come funziona. Ho iniziato a fare musica con i CD, ho vissuto l’epoca del digitale e ora sono nella stagione dello streaming. Le certificazioni oggi riempiono le casse della discografia ma sono svuotate di significato, perché non raccontano più quante persone ascoltano un disco, ma quante volte viene cliccato. La musica senza materia si è trasformata nella slot machine dell’industria”.

Infine, Cremonini ricorda i tempi dei Lùnapop: “Arrivammo dal basso da indipendenti, attraverso le radio fino in cima, facendo venire i capelli bianchi ai capi della discografia che si chiedevano: ‘Da dove arrivano questi?’. Ma anche quella separazione non avvenne per caso. Mi tagliai i capelli rossi e partii per un lungo viaggio tra l’Argentina e New York. Mi misi alla ricerca di Bob Dylan, iniziai a leggere Pasolini e a studiare Gaber, mi innamorai del cinema e dei libri. Quando bussai alla porta di casa ero malconcio, vestito con dei jeans stracciati, una t-shirt bucata e una giacca dylaniana da freddo americano e da geloni. Avevo un quaderno con me in cui c’erano le canzoni di Maggese, che fu d’ispirazione per tanti giovani artisti nati qualche anno più tardi”.

Oggi Cremonini è un artista maturo, consapevole del suo percorso e sempre alla ricerca di nuove sfide. Con il tour negli stadi all’orizzonte, continua a scrivere la sua storia con la stessa passione di sempre.

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