Vincent, Edgar ed Eric: non è mai troppo tardi
Il seguente articolo contiene SPOILER su Eric. Benedict Cumberbatch ha sfoderato una delle sue migliori performance in Eric, una delle migliori miniserie dello scorso anno. L’attore è riuscito a empatizzare profondamente con un personaggio complesso e respingente. Vincent Anderson è il protagonista di un thriller sospeso tra fiaba e cruda realtà. Per lo spettatore è… Leggi di più »Vincent, Edgar ed Eric: non è mai troppo tardi The post Vincent, Edgar ed Eric: non è mai troppo tardi appeared first on Hall of Series.

Il seguente articolo contiene SPOILER su Eric.
Benedict Cumberbatch ha sfoderato una delle sue migliori performance in Eric, una delle migliori miniserie dello scorso anno. L’attore è riuscito a empatizzare profondamente con un personaggio complesso e respingente. Vincent Anderson è il protagonista di un thriller sospeso tra fiaba e cruda realtà. Per lo spettatore è spesso difficile distinguere le reali intenzioni dei personaggi, soprattutto quelle di Vincent. Il percorso del protagonista della serie (che potete recuperare qui) parte dalla sua evidente instabilità mentale e compie un percorso univoco su due linee parallele che lo portano alla soluzione. Una parte di lui rincorre gli indizi di una mappa alla ricerca di suo figlio, l’altra scava a ritroso per combattere i fantasmi del suo passato. In questo viaggio, Vincent è accompagnato dall’ingombrante peso della sua coscienza: un pupazzo gigante di nome Eric.
Vincent Anderson si rifugia in Eric, una creazione della sua immaginazione, per affrontare il trauma della scomparsa di suo figlio
Per l’animo tormentato di Vincent, creatore di Good Day Sunshine, show per bambini degli anni Ottanta, il mostro è parte integrante di sé. E’ un’ombra nella sua mente, una presenza concreta: ha un aspetto imponente, è azzurro e bianco e si chiama Eric. Tuttavia, la realtà di Vincent è molto più inquietante della creatura immaginaria che lo perseguita. Suo figlio Edgar, di appena nove anni, scompare nelle strade della New York del 1985. E la Grande Mela, in quel periodo, è una città segnata da profonde disuguaglianze, da una dilagante crisi di dipendenza e da forti tensioni sociali. Dilaniato dal senso di colpa e dal disgusto per se stesso, Vincent si aggrappa con disperazione ai disegni del figlio, raffiguranti un enorme mostro blu. E’ così che il protagonista di Eric si autoconvince che dar vita ai sogni di suo figlio sia l’unico modo per potersi ricongiungere con lui, una volta per tutte.
Per un bel pezzo Eric si trasforma in una corsa contro il tempo. Una corsa in cui Vincent deve tenere a bada la sua depressione cronica e i cattivi pensieri del caso mentre tenta di far prendere forma alla creatura. Il pupazzo alla fine vede la luce, ma la sua sanità mentale vacilla sempre di più. Questo stato di perenne agitazione lo porta a vedere Eric dappertutto. Il pupazzo si trasforma in un mostro che si manifesta come “coscienza” di Vincent, trascinandolo in un vortice sempre più oscuro. Ma il punto fondamentale è che Eric nasce dall’immaginazione di Edgar. E nonostante il rapporto padre-figlio non sia mai stato idilliaco, è questa la prima scintilla che porta Vincent a rivedere la luce. Si aggrappa disperatamente a Eric, lo fa perché rappresenta l’unico legame rimasto con suo figlio. Per un uomo che si sente responsabile della scomparsa del proprio bambino, affrontare la possibilità che questi sia morto è semplicemente insostenibile.
Alle origini della malattia mentale di Vincent c’è il suo vissuto come bambino e, soprattutto, come figlio
Vincent è un artista a tutti gli effetti, un costruttore di marionette oltre che autore televisivo. Il suo stesso estro artistico nasce dalle ceneri di un’infanzia infelice. E’ come se per tutto il tempo Vincent abbia cercato di recuperare ciò che suo padre gli ha sempre fatto mancare. L’impatto dell’infanzia del protagonista si riflette lungo tutta la sua vita, in un ciclo che si ripete di generazione in generazione. Cresciuto in un ambiente privo di affetto, ha vissuto un’infanzia in cui i problemi di salute mentale venivano affrontati con una prescrizione medica e con un’educazione rigida. Un’educazione secondo cui i bambini dovevano essere “visti ma non sentiti”. Sua madre era una donna fragile, sottomessa a un padre autoritario. Un uomo, Robert, privo di empatia, un militare che ha riversato tutte le sue energie nell’ascesa sociale e nella costruzione del suo impero. Ma l’infanzia senza amore è devastante, indipendentemente dal contesto in cui si cresce.
E’ questo uno dei messaggi più importanti di Eric: non importa se si nasce con la camicia o nelle difficoltà di Hell’s Kitchen, la mancanza di affetto lascia ferite profonde. Crescere senza sentirsi visti e ascoltati, amati o sostenuti genera un trauma che si radica nell’anima, rendendo difficile amare se stessi e, soprattutto, accettare l’amore degli altri. Alla fine del suo percorso, Vincent riesce a liberarsi dell’ombra di suo padre, a smettere di temerlo, al netto delle sue fragilità. Non solo affronta il fantasma della sua infanzia, ma trova anche il coraggio di ammettere a se stesso che non rispetta quell’uomo. E’ così che riesce finalmente a rompere il vincolo emotivo che lo teneva prigioniero del passato. Ma per arrivare fino a questo punto Vincent ha dovuto perdere sé stesso, prima con la scomparsa di Edgar e poi con l’invenzione di Eric e il confronto con lui.
Eric è il guardiano del mondo dei sogni di Edgar, e Vincent ha sempre avuto la chiave di quel mondo sotto il naso
In molti hanno associato Eric alla fiaba di Hansel e Gretel: la storia di un bambino smarrito in un mondo ostile. Ma Edgar non si è perso per caso in una foresta, anzi, è stato lui a fuggire. È stato spinto nell’ignoto dai fallimenti di Vincent come padre e come essere umano. Il senso di inadeguatezza, ereditato dai propri genitori, ha avvelenato ogni aspetto della sua vita: il rapporto con suo figlio, il lavoro, il matrimonio. Vincent ha inconsciamente utilizzato le sue stesse mancanze nel rapporto con suo figlio. Robert non gliela dava mai vinta, nemmeno nelle corse per le scale. Pretendeva in continuazione senza mai dare. Ma a differenza di suo padre, Edgar ha voluto combattere questo status dandosi alla fuga, lanciando un segnale forte ai suoi genitori. Il cuore di Eric è un’odissea profondamente umana, che riflette un periodo di grande smarrimento, in cui ancora ci troviamo.
Edgar è stata la chiave di volta che ha portato Vincent sulla retta via. Una breve fermata nella sua follia che lo ha ricondotto sulla strada principale. Vincent aveva ragione. Prima di poter ritrovare suo figlio doveva necessariamente costruirsi un’armatura, quella utilizzata in pubblico per rivolgersi al figlio. Un’armatura con cui ha potuto finalmente affrontare e combattere i suoi fantasmi. Grazie a Eric, Vincent ha ritrovato Edgar, suo figlio, ma soprattutto ha ritrovato quel bambino che ha sempre sognato di essere.
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