Scissione 2×09 – Marsha White e il nono piano
Marsha White si trova ai Grandi Magazzini in una giornata come tante. Vuole solo comprare un ditale d’oro per sua madre ma sembra non trovarlo. All’improvviso, però, si apre un’ascensore. Conduce a un unico piano, il nono, l’ultimo, e il fattorino dell’ascensore le assicura che lì, proprio lassù, c’è quello che cerca. Ma Marsha White,… Leggi di più »Scissione 2×09 – Marsha White e il nono piano The post Scissione 2×09 – Marsha White e il nono piano appeared first on Hall of Series.

Marsha White si trova ai Grandi Magazzini in una giornata come tante. Vuole solo comprare un ditale d’oro per sua madre ma sembra non trovarlo. All’improvviso, però, si apre un’ascensore. Conduce a un unico piano, il nono, l’ultimo, e il fattorino dell’ascensore le assicura che lì, proprio lassù, c’è quello che cerca. Ma Marsha White, arrivata al nono piano, troverà ben più che un semplice ditale. Scoprirà chi è davvero, o almeno ricorderà quella parte di sé che sembrava, per opera di una scissione interiore, aver rimosso del tutto.
Ai più attenti qualche dettaglio di questa storia non sarà parso sconosciuto. Il nome della ragazza, il ditale d’oro. Li troviamo menzionati a conclusione di questa anticipatoria 2×09 di Scissione. Quando Harmony, Mark e Devon arrivano alla baia per le nascite la signora Cobel scambia delle frasi in codice con la guardia di sicurezza. A essere nominati sono proprio Marsha White e il ditale d’oro. Ma di che riferimenti si tratta?
È la storia del trentaquattresimo episodio di The Twilight Zone, serie culto per gli amanti della fantascienza.
Puntata che tanto ha in comune con Scissione, a partire dal titolo: The After Hours. Proseguendo poi nella simbologia. Il passaggio tra un piano e l’altro attraverso l’ascensore sembra modellare due diverse forme di una stessa natura, quella della protagonista. Da un lato c’è la Marsha White ‘esterna‘, che vive la sua vita normale di ragazza qualunque impegnata in faccende quotidiane. Dall’altro, salendo al nono (inesistente) piano c’è la sua natura più profonda, lentamente disvelata nell’avanzare della trama.
Come in Scissione tutto si gioca sul dramma dell’identità, sulla perdita di identità (Marsha non ricorda chi è davvero) e sul tentativo di riconquista di questa identità attraverso un’ascesa (rispetto alla discesa nel livello della scissione) verso il nono piano. Assai significativa la frase pronunciata quasi a chiosa di questa, anche registicamente, meravigliosa puntata di The Twilight Zone: “Quando siamo fuori di qui tutto sembra così normale, come se… Come se fossimo simili agli altri, come la gente vera, la gente… di fuori“. Come gli outies, come gli esterni, verrebbe da dire a noi spettatori di Scissione.
È tutto qui il senso della serie, nell’eterno conflitto tra outies e innies, tra esterni e interni, due facce, due identità di una stessa persona. Eppure essere se stessi all’interno della Lumon ed esserlo all’esterno è qualcosa di completamente diverso. Lo sa bene Dylan che da innie riesce a essere dolce, premuroso, innamorato e capace di fare innamorare. Mentre da esterno appare scostante e distaccato dalla moglie, incapace, anche in questa 2×09, di abbattere il muro di incomunicabilità.
Così è pure per Irving e Burt che da innies in Scissione vivevano nella purezza di chi può esprimere senza sensi di colpa e remore l’amore.
Ma da outies non possono. Burt lo dice chiaramente ripetendo per tre volte “Non possiamo” a un Irving pronto a provare per la prima volta, anche all’esterno, l’emozione del sentimento. Quello che separa l’ingenua ma pura natura degli interni dagli esterni è proprio l’assenza di tutte quelle colpe, legacci sociali, traumi mentali che gli outies invece portano pesanti su di loro.
Dylan all’esterno è avvinto dalla frustrazione di non riuscire a trovare il suo posto nel mondo, la sua vocazione, il senso a ciò che è e che fa. Burt di contro deve fare i conti con una vita di colpe che non può cancellare e con castranti convenzioni. Anche questo confessa, in una 2×09 che pare riabilitarlo: “Mi hai chiesto perché mi sono scisso: mi allettava l’idea di poter essere innocente, di nuovo, almeno in parte“.
È la stessa innocenza, siamo sicuri, che vorrebbe avere Milchick che quasi si commuove quando Mark gli chiede candidamente, retoricamente, “Il lavoro è solo lavoro, no?“. Per lui un giorno libero non esiste. Per lui c’è solo il piano della scissione e la Lumon. Eppure, come già intravisto nei precedenti episodi, il graduale rigurgito d’identità in lui aumenta sempre di più fino all’apice in questo episodio con l’espressione già cult “divoratore di deiezioni” rivolta al signor Drummond.
L’innocenza e l’idea di dimenticare, come Marsha White, chi si è (o forse chi si è diventati) alimenta segretamente anche Helena.
Nel suo caso le colpe personali si mescolano a una relazione familiare perversa. Anche ora in Scissione assistiamo alla distanza abissale che separa Helena da Jame Eagan. Il freddo “Padre“, appellativo con cui si introduce all’uomo, è seguito da una scena disturbante. L’uomo assiste con disapprovazione alla consumazione del pasto (un semplice uovo sodo) da parte della figlia per poi chiosare sdegnosamente con un “Avrei voluto che lo mangiassi crudo“.
Anche qui il dettaglio arricchisce e impreziosisce di senso il siparietto. Nel piatto su cui Helena poggia con perfetta divisione simmetrica l’uovo (salvo poi tagliarlo “male” col coltello causando il fastidio paterno) vediamo un’immagine. È quella di un bambino vittoriano circondato da quelle che paiono due nutrici che lo strattonano. L’esegesi della scena è complessa. Le due nutrici con i loro abiti, rosso uno, blu l’altro, potrebbero simboleggiare l’innie e l’outie che tirano in direzioni opposte l’unità dell’Io (il bambino). D’altronde il rosso e il blu in Scissione sono ricorrenti e spesso associati ai due piani dell’identità. Ma c’è anche una lettura più semplice: la scena potrebbe alludere all’educazione repressiva, quella impartita da Jame Eagan a sua figlia Helena.
E allora è normale che anche lei, come Burt, abbia sentito il bisogno di “salire al nono piano” dell’episodio di The Twilight Zone. Abbia avuto la necessità, cioè, di riscoprire se stessa. Una sé più pura. Quella sé che, come Marsha White, aveva dimenticato di essere. Là, nel piano della scissione, Helly scopre l’amore, l’amicizia e la capacità di essere buona e giusta. Scopre la sé più autentica.
Burt, Helena, Milchick ma anche Harmony (come abbiamo visto straordinariamente nello scorso episodio di Scissione) e la signorina Huang sono stati privati dell’innocenza.
La Lumon li ha resi complici, colpevoli. Li ha sottratti all’infanzia, ai rapporti familiari. Huang ha dovuto distruggere il suo gioco, la sua coperta di Linus. La proiezione dei suoi affetti mancanti. E dovrà spostare il letto dalla casa dei genitori a un campus della Lumon. Harmony era stata costretta a trascurare la madre. Ad Helena è stata impartita un’educazione priva di tenerezze. Milchick non ha idea di cosa voglia dire un giorno di vacanza.
Tutti vivono il dramma spersonalizzante di chi è stato reso il più disumano possibile. Il più lontano possibile dal vero sé. E allora non rimane altra scelta. Non resta che fare come Marsha White. Salire, seppur timorosi e confusi, al nono piano, al piano interrato della scissione, guardarsi intorno e gradualmente tornare consapevoli di chi si è davvero. Anche se questo voglia dire, in modo perturbante, scoprire di essere “solo” un innie, un interno, che ogni tanto, appena per qualche istante, dimentica chi è davvero per sognare di essere “simile agli altri, come la gente vera, la gente… di fuori“.
Emanuele Di Eugenio
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