The Electric State: la recensione del film dei Fratelli Russo
Seguiteci sempre anche su LaScimmiaPensa e iscrivetevi al nostro canale WhatsApp! Apriamo questa recensione di The Electric State con una domanda che sorge spontanea: per quanto si può vivere di un precedente successo? Per quanto i Russo siano stati fondamentali nel rendere l’universo Marvel quello che è, lavorando alla regia di Civil War e del dittico Infinity War/Endgame […] L'articolo The Electric State: la recensione del film dei Fratelli Russo proviene da LaScimmiaPensa.com.
Seguiteci sempre anche su LaScimmiaPensa e iscrivetevi al nostro canale WhatsApp!
Apriamo questa recensione di The Electric State con una domanda che sorge spontanea: per quanto si può vivere di un precedente successo?
Per quanto i Russo siano stati fondamentali nel rendere l’universo Marvel quello che è, lavorando alla regia di Civil War e del dittico Infinity War/Endgame (entrambi comunque prodotti sotto l’egida del mai abbastanza rimpianto Marvel Creative Committee), diventa evidente come gli ultimi cinque anni non siano stati eccezionali.
Con l’eccezione di Everything Everywhere All at Once, in cui hanno ricoperto esclusivamente il ruolo di produttori, i loro principali “successi” televisivi sono stati From (aka Lost in versione dietetica) a Citadel, una serie tv costata la bellezza di 300 milioni con tutto un suo universo espanso (perché ormai si usa così) inclusa una versione italiana capitanata da Matilda de Angelis che, nonostante un cast che ha deciso all’unanimità di provarci nemmeno, è comunque superiore a quella americana.
Oh, e come non citare Cherry (banale e dimenticabile) e The Gray Man (atroce e dimenticabile). E nonostante questo track record, Netflix decide di investire 320 milioni di dollari in The Electric State, giunto finalmente sulla piattaforma il 14 marzo.
The Electric State: la trama
La storia è ambientata in un passato alternativo: i robot, che una volta vivevano insieme agli uomini, si sono ribellati ed hanno dato il via a una guerra per vedere riconosciuti i loro diritti, ma sono stati sconfitti dopo l’invenzione del Neurocaster, che permette agli umani di controllare droni militari a distanza. Anni dopo seguiamo la storia di Michelle (Millie Bobby Brown), un’adolescente che ha perso i genitori ed il fratello Christopher in un incidente stradale. Tuttavia, le cose potrebbero non essere così semplici…
The Electric State: la recensione
Dopo un’introduzione negativa, voglio aprire la recensione con un po’ di positività.
Ispirato dall’omonimo romanzo illustrato di Simon Stålenhag, questo film sfrutta al massimo le potenzialità del design retrofuturistico. Insomma, da un punto di vista estetico il budget c’è e si vede. Il film ha portato le illustrazioni dalla pagina allo schermo con assoluta fedeltà: la scenografia, un misto di CGI e practical, rende perfettamente l’idea originale dietro la storia. Nonostante l’immaginario distopico segua pedissequamente i canoni del genere (e quindi “originale” va virgolettato), si tratta senza ombra di dubbio del punto forte del film. Di seguito, un’immagine dalla graphic novel per rendere l’idea.
E, con questo, ho finito la positività.
Per farla breve, The Electric State è girato male e recitato peggio. E non si trova nella storia una particella subatomica di originalità. The Electric state dà il meglio di sé nel prologo dopo l’introduzione di Michelle e Christopher, appena qualche minuto che ci mette in pari con la storia e ci spiega per filo e per segno il background narrativo adottando la soluzione del servizio giornalistico/documentario.
Ora, qual è il problema? “Robot che vengono prodotti come servitori degli umani si ribellano e chiedono diritti e finiscono con l’andare in guerra con gli umani” è la premessa del film. Ora, mettendo da parte The Electric State, quante storie vengono in mente che hanno questa esatta premessa?
Il problema è che, quando si prende qualcosa di trito e ritrito, bisogna essere capaci nell’approccio. Capacità che né i registi né gli sceneggiatori di The Electric State hanno. Il film rigurgita le idee di libertà, di diritti, di autodeterminazione e pregiudizio senza un briciolo di sincerità (o, Dio non voglia, originalità) nel farlo. Promette spettacolo e stile, ma non offre alcunché di sostanzioso, creando il classico prodotto streaming che si mette in sottofondo quando si fa altro.
E anche lo “spettacolo” è limitato da una regia senza fantasia, senza personalità. La telecamera va esattamente dove ci si aspetta che vada, gli attori prendono le loro posizioni sul set e via. Ancora una volta, i Russo dimostrano di aver bisogno di una grande struttura di sostegno perché un loro prodotto venga apprezzato.
Il film è stato sceneggiato da Christopher Markus e Stephen McFeely, autori della trilogia di Captain America, Thor:dark world, Infinity War e Endgame. Insomma, tra loro e i Russo c’è un team che ha fatto miliardi al botteghino. Ma è anche il team che ha prodotto The Gray Man. E allora, cos’è che non funziona?
In primo luogo, la graphic novel “The Electric State” è molto graphic e poco novel. A differenza dei loro lavori MCU, dove c’era un’intera struttura dietro nonché una squadra di creativi che dava direttive, portare The Electric State in formato film richiedeva uno sforzo non troppo dissimile dal produrre un’opera originalità. Un conto è animare fedelmente delle immagini, un conto è creare personaggi. E i personaggi in the Electric State funzionano esclusivamente nella misura in cui ci ricordano qualcos’altro che abbiamo già visto ed apprezzato.
I registi e gli sceneggiatori che ancora vivono di rendita dei successi clamorosi del MCU hanno chiaramente manifestato una grossa debolezza: non possono essere lasciati soli. Con l’eccezione del primo film, Capitan America: il primo Vendicatore (The First Avenger) nessuno dei loro film di successo è stato creato in autonomia; e per quanto bravi siano stati nel dirigere gli altri film MCU, il carico emotivo e la storia erano già stati identificati e delineati da altri autori. Non fraintedete: ci vuole abilità per creare un finale, ma non sottovalutiamo tutto il lavoro dietro.
E, pensandoci bene, si può obiettare che anche il primo Capitan America in fondo avesse tutto il Marvel Creative Committee nonché qualche centinaio di fumetti a cui ispirarsi.
Ogni volta che i Russo si trovano a partire da zero, soffrono. In parte, forse, per il loro stile che nasce per le esigenze delle serie tv e mal si trasmette ai lungometraggi. E in parte, forse, per incapacità. Incapacità che si manifesta sopratutto nell’incapacità di dirigere gli attori.
Ed è qui che il film ci fa soffrire ancora di più. Nonostante un cast che, sulla carta, dovrebbe essere superlativo, si ha l’impressione che non abbiano avuto il tempo di provare, ma che siano stati ripresi mentre ancora prendevano “le misure” del proprio personaggio. Ma per ogni Stanley Tucci, che anche nel sonno è superiore ad un solido 80% degli attori nei direct to streaming, c’è Millie Bobby Brown.
Sarò brutale. Netflix, ti prego di ragionare: smettiamo di portare avanti l’idea che Millie Bobby Brown sappia recitare. Dopo il successo delle prime stagioni di Stranger Things non c’è niente nella carriera della Brown che supporti questa idea. Enola Holmes, Damsel e ora The Electic State ci mostrano un’attrice che non ci prova nemmeno. In particolare, The Electric State è un chiaro caso che ci mostra la differenza tra avere un personaggio con una storia simpatetica e un personaggio che è simpatetico.
Non c’è alcunché nel personaggio di Michelle in The Electric State che io non possa trovare in dozzine di film identici ad un quarto del budget. Il resto del cast riesce a mantenersi su un livello tra il “passabile” e il “non offensivo”, più per meriti propri che per direzione.
Il resto del cast vanta Chris Pratt nel ruolo di Chris Pratt Keats, Giancarlo Esposito, Ke Huay Quan, Jason Alexander e una selezione di voci illustri che immagino avrà contribuito ad aumentare il budget assurdo di The Electric State di più di quanto non fosse necessario.
Ora la domanda fatidica: The Electric State è uno dei peggiori film di sempre? Assolutamente no.
Relativamente al budget? Ecco, qui possiamo iniziare a discutere.
Ma sono 128 minuti di banalità, di idee scontate, di falso moralismo di cui possiamo tutti fare facilmente a meno. Un film il cui principale pregio è l’essere così dimenticabile che non ti lascia neanche l’amaro in bocca per l’occasione persa che rappresenta.
The Electric State è il classico film da guardare mentre si fanno le faccende domestiche, a cui gettare un occhio di tanto in tanto quando c’è un po’ di rumore, niente di più da quello che ci si aspetta da un direct to streaming.
Un film a cui perdonerei molte cose se avesse un differente cast ed un decimo del budget ma che, a queste condizioni, è semplicemente patetico.
The Electric State: Il cast
- Millie Bobby Brown as Michelle Greene
- Chris Pratt as John D. Keats
- Ke Huy Quan as Dr. Clark Amherst
- Stanley Tucci as Ethan Skate
- Woody Harrelson as Mr. Peanut
- Anthony Mackie as Herman
- Brian Cox as Popfly
- Jenny Slate as Penny Pal
- Alan Tudyk as Cosmo
- Hank Azaria as Perplexo
The Electric State: Il trailer
L'articolo The Electric State: la recensione del film dei Fratelli Russo proviene da LaScimmiaPensa.com.