Tornare a esplorare: il libro di Luca Fontana, alla scoperta di un’altra montagna
Fotografo naturalista e guida escursionistica ambientale, Luca Fontana è un esploratore alla ricerca di un approccio nuovo e profondo verso l’ambiente naturale e la montagna, incentrato sul rispetto dei luoghi e sull’autenticità. Membro del nostro Dove Social Team, è in libreria con Tornare a Esplorare, il suo libro d’esordio. In questo volume, a metà strada L'articolo Tornare a esplorare: il libro di Luca Fontana, alla scoperta di un’altra montagna sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Fotografo naturalista e guida escursionistica ambientale, Luca Fontana è un esploratore alla ricerca di un approccio nuovo e profondo verso l’ambiente naturale e la montagna, incentrato sul rispetto dei luoghi e sull’autenticità. Membro del nostro Dove Social Team, è in libreria con Tornare a Esplorare, il suo libro d’esordio.
In questo volume, a metà strada tra il saggio e il libro fotografico, Luca mette in luce le contraddizioni contemporanee che caratterizzano il nostro modo di vivere l’ambiente naturale, che da “luogo di cui sentirsi parte” si è trasformato in “prodotto di massa”, come spiega lui stesso: “Oggi vediamo un sovraffollamento in montagna perché l’ambiente naturale è stato trasformato in un prodotto di consumo superficiale: quello che è sempre stato gratuito e a disposizione di tutti ci viene rivenduto e fatto pagare dalla società stessa in cui viviamo. E se la montagna è un prodotto, allora deve essere fruibile anche da chi non è attrezzato, quindi si creano percorsi semplificati, infrastrutture eccessive, perché tutto deve essere veloce e a misura della nostra società che non ha mai tempo. Ma la montagna richiede tempo, e dovremmo imparare a rispettarlo”.
Appassionato di fotografia fin da bambino, per Tornare a Esplorare Luca ha raccolto e selezionato con cura una cinquantina di immagini, che condensano 15 anni di esplorazione sia sulle Alpi sia su vette lontane, visitate duranti i suoi viaggi e spedizioni. Sfogliando il volume si rimane particolarmente colpiti dai paesaggi incontaminati e suggestivi che ha inquadrato con il suo obiettivo, a partire dalla copertina con il Monte Bianco, verso cui l’autore nutre un amore speciale e che gli è stato di grandissima ispirazione durante la scrittura.
Il titolo del libro è un invito a cambiare passo?
“L’esplorazione in senso classico ormai è apparentemente conclusa, eppure è ancora possibile riscoprire il senso dell’avventura. Ci illudiamo di aver mappato ogni angolo del nostro pianeta, però negli anni mi sono reso conto che in realtà abbiamo ancora tantissimo da esplorare.” E per questo nuovo modo di esplorare “Non basta fermarsi alla superficie, bisogna incuriosirsi, dedicare tempo ad approfondire e informarsi meglio sui luoghi che scegliamo, quando siamo sul territorio ma soprattutto prima di partire”.
Com’è cambiato il tuo rapporto con la montagna, nel tempo?
“All’inizio mi muovevo con un criterio quantitativo: vedere più posti possibile, accumulare esperienze. Poi nel 2015 ho conosciuto l’alpinista ed esploratore Matteo Della Bordella, che raggiunge luoghi remoti senza l’aiuto dei mezzi tecnologici. La sua figura mi è stata di grandissima ispirazione, e ho capito che non è importante quanti obiettivi raggiungi, ma quello che vivi nel mentre. Ho iniziato a studiare geologia, botanica, le storie dei luoghi, e la mia esperienza è cambiata radicalmente, diventando qualitativa”.
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Da qui è nato il desiderio di raccontare un nuovo modo di vivere l’ambiente…
“Ho sempre cercato di fare divulgazione del mio modo di andare in montagna, in una maniera personale, senza imporre alcuna verità ma raccontando semplicemente quello che faccio, sperando in questo modo di ispirare le persone, non tanto sul dove andare, ma sul come andarci. Vorrei incoraggiare i lettori ad acquisire una maggiore curiosità, e quindi una maggiore consapevolezza nell’approccio alla natura e alla sua esplorazione”.
Tra i tuoi punti di riferimento c’è il “patto del non racconto”. Di cosa si tratta?
“È un invito a non dire o pubblicare online il nome dei luoghi visitati, ma piuttosto a condividere le emozioni provate durante un’escursione. Negli itinerari percorsi come guida escursionistica, do solo un’idea della zona e del dislivello ai partecipanti. Poi tutto è una sorpresa, e anche i compagni di viaggio sono invitati a non parlarne. È un esercizio a cui non sono abituati, ma che sono felici di fare. Come guida escursionistica, propongo ai miei clienti delle uscite in luoghi a cui io per primo sono molto connesso, magari poco famosi ma che ho esplorato in profondità. Durante le mie escursioni cerco di trasmettere le emozioni che provo, le scoperte che ho fatto, e gli spunti di riflessione che possono nascere dall’esperienza”.
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Come entra la fotografia in questa filosofia di esplorazione?
“Per me la fotografia è uno strumento di connessione col paesaggio e di indagine, un modo per approfondire ciò che ho davanti. Scelgo cosa fotografare osservando tutto ciò che ho intorno, mi piace selezionare i particolari e questo mi permette anche di esplorare meglio. Ho scelto di non mettere alcuna didascalia alle fotografie, perché non voglio che raccontino una storia, ma che piuttosto ispirino e generino dei sentimenti, invitando il lettore a proiettarsi nei paesaggi immortalati e a riflettere sulla propria relazione con la natura”.
L’amore per la fotografia è alla base anche del tuo profilo Instagram Mountainscaper
“Condividere le foto per me è un modo di esplorarmi. Instagram mi ha permesso di raccontare qualcosa di più sui miei scatti, non in maniera didascalica, ma ricordando piuttosto cosa mi hanno suscitato. Per me è un vero e proprio lavoro di indagine. Per me la cosa più importante è che la mia scelta di comunicazione continui a trovare spazio. Qualche tempo fa stavo girando dei video di divulgazione sui lupi, quando mi sono reso conto di aver raggiunto i 25 minuti. Alla fine nonostante la lunghezza ho deciso comunque di pubblicarli, e sono stati visti e apprezzati da tantissime persone, che si sono prese il tempo di ascoltarli”.
Nel libro emerge, nonostante tutto, un messaggio di speranza per il futuro.
“Ho iniziato a rendermi conto che noi siamo tutt’ora sostenuti dall’ambiente naturale: è l’ambiente in cui ci siamo evoluti per milioni di anni, e basta fare un po’ di attenzione per vedere la potenza della natura, anche nelle cose piccole come una piantina che cresce nelle crepe dell’asfalto. È vero che l’uomo ha fatto tanti danni, ma nel lungo periodo non possiamo prevedere quante nuove possibilità si apriranno per la natura. Magari alcune specie si estingueranno, ma altre troveranno nuovi spazi. La potenza della natura parla tantissimo di capacità di adattamento e di speranza. Siamo noi che dobbiamo stare attenti, ma sono convinto che la natura resterà sempre lì, e sarà sempre in qualche modo pronta a sostenerci”.
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