Val Zebrù: il tesoro (in via di estinzione) del silenzio tra le vette
Testo tratto dalla rubrica Restart di Andrea Bariselli su DOVE di febbraio 2024 Se c’è una cosa che ho capito delle montagne, dopo tanti anni, quella è il silenzio. Ho dei ricordi nitidi e perfettamente cristallizzati nella mia memoria di alcuni silenzi tanto profondi da devastare l’anima. Da portarti vicino all’orlo dell’annullamento, da sentire solo il rumore L'articolo Val Zebrù: il tesoro (in via di estinzione) del silenzio tra le vette sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Testo tratto dalla rubrica Restart di Andrea Bariselli su DOVE di febbraio 2024
Se c’è una cosa che ho capito delle montagne, dopo tanti anni, quella è il silenzio. Ho dei ricordi nitidi e perfettamente cristallizzati nella mia memoria di alcuni silenzi tanto profondi da devastare l’anima. Da portarti vicino all’orlo dell’annullamento, da sentire solo il rumore dei tuoi pensieri. Perché il silenzio è primordiale, è origine. È energia potenziale al suo massimo, dove tutto può succedere. E anche dove tutto, una volta terminato il viaggio, ritorna. Ogni tanto mi perdo nei pensieri immaginando la totale assenza di suono del cosmo, del senso del vuoto, del nulla.
Capisci che il silenzio è la condizione necessaria per la creazione, è l’attimo prima del caos. Ma, come la filosofia orientale ci insegna, non esiste il silenzio senza il suo opposto: il rumore. E le cose possono funzionare solo se c’è equilibrio e alternanza tra le forze, ma quello che paradossalmente oggi sta accadendo è altro. Se non faremo qualcosa, sulla nostra Terra il silenzio rischia di scomparire.
Il respiro dell’universo
Questa riflessione mi ha travolto la scorsa estate, durante un’alba glaciale nella selvaggia Val Zebrù, nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Mi trovavo sopra il rifugio Quinto Alpini, a oltre 3000 metri, dove il respiro dell’universo sembra più nitido e la luce scolpisce il mondo con un tocco essenziale. Il ghiacciaio, un colosso ferito, resisteva all’assalto delle temperature impietose, emettendo un crepitio che sembrava un antico sussurro. Ero lì, immobile, spettatore di un equilibrio tanto fragile quanto sublime.
Perché quando sei in montagna, il tempo si piega. Le ore perdono consistenza, sfumano in un ritmo che non ti appartiene più. In questo spazio rarefatto, dove tutto è sottrazione – rumore, connessione, frenesia – ti accorgi che ciò che resta è essenziale. Il tuo respiro affannato, il battito del cuore, e un silenzio che non è vuoto, ma diventa presenza. Ci sei tu e “lui”.
Un tesoro da salvaguardare
Eppure, quel silenzio è in pericolo. Come l’aria pura e le nevi perenni, anche questa dimensione invisibile, fatta di assenza, viene erosa. Con ogni strada costruita, con ogni comprensorio che si espande, con ogni attività umana rubiamo qualcosa a queste terre. E il rumore che prende il sopravvento è la perfetta metafora del cambiamento che stiamo vivendo.
I rifugi, un tempo luoghi di riparo, sono diventati spazi di attesa. Sono spesso l’ultimo baluardo di civiltà in un mondo di confine. Qui, al limite tra umano e selvaggio, la maggior parte delle perisone viene per imparare la parsimonia, la condivisione, la meraviglia della fatica. Sono scuole silenziose, dove i bambini – e gli adulti, forse più di loro – scoprono che la semplicità è spesso il segreto per essere felici. Ma anche questi santuari sono minacciati: non dall’avanzare delle rocce, ma dalla nostra incapacità di accettare ciò che non possiamo controllare.
I rifugi, scuole silenziose di felicità e fatica
Abituati come siamo ad essere confortati da comodità nelle nostre vite di pianura, nei nostri salotti, con il frigo pieno, l’auto che ti porta dove vuoi, la rete che ti collega a mondi lontani pronta a soddisfare qualsiasi curiosità e voglia di conoscenza, trovarsi nudi, indifesi, davanti ad una montagna da conquistare è un’esperienza che ha a che fare con la dimensione fisica, con la fatica, il dolore, il superamento del limite – che è sempre superiore rispetto a quello che noi immaginiamo -, ma è anche un’esperienza intellettuale e spirituale
Perché poi la loro energia ti entra dentro, ti trasforma. E poi capita che a volte sei li comodo sul tuo divano, eppure senti che vorresti essere altrove. Senti che nonostante l’agio di una vita moderna, questo in fondo non è il posto giusto per te e – per dirla tutta – non è nemmeno il disegno biologico per cui noi siamo stati progettati dalla Natura.
La nostra natura è uscire, esplorare, sentire la fisicità del nostro corpo. Dobbiamo accettare il privilegio di stare in un mondo che è più grande di noi, con una forza ed un mistero che forse non coglieremo mai fino in fondo. Ecco perché dovremo andare più spesso in montagna. Non per scappare, ma per ascoltare. Per farci travolgere dalla maestosa umiltà di questi luoghi, dove l’immenso ci ricorda quanto siamo piccoli, e dove il silenzio, se ci fermiamo ad ascoltarlo, può dirci tutto ciò che abbiamo dimenticato. La montagna è come la vita, per conoscere la verità bisogna avere il coraggio di affrontarla.
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