Alla ricerca dell’autenticità: la magia nascosta delle piccole cose

Testo tratto dalla rubrica Restart di Andrea Bariselli su DOVE di dicembre 2024 Un effetto sorprendente e spesso sottovalutato del nostro cervello è che tutto ciò che esso fa è legato a un unico obiettivo: la sopravvivenza. Non ci sono altre finalità. Ed è pure logico, a ben vedere: siamo un organismo biologico formatosi in un determinato L'articolo Alla ricerca dell’autenticità: la magia nascosta delle piccole cose sembra essere il primo su Dove Viaggi.

Feb 13, 2025 - 16:04
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Alla ricerca dell’autenticità: la magia nascosta delle piccole cose

Testo tratto dalla rubrica Restart di Andrea Bariselli su DOVE di dicembre 2024

Un effetto sorprendente e spesso sottovalutato del nostro cervello è che tutto ciò che esso fa è legato a un unico obiettivo: la sopravvivenza. Non ci sono altre finalità. Ed è pure logico, a ben vedere: siamo un organismo biologico formatosi in un determinato contesto (la biosfera) e, di conseguenza, abbiamo dovuto imparare ad adattarci per vivere. Lo abbiamo fatto forgiando i nostri sensi a essere sempre in allerta, processando ogni informazione che arriva dall’esterno e interpretando se ciò che ci troviamo di fronte rappresenti un pericolo o meno.

E qui le cose si fanno interessanti, perché in un ambiente naturale, come una steppa o un bosco, gli stimoli sono relativamente limitati e il pericolo è un’evenienza del tutto occasionale. Lì eravamo liberi di muoverci e il nostro sguardo poteva spaziare lontano verso l’orizzonte.

Catapultati ai giorni nostri, nella giungla urbana, ciò che accade è paradossale: tutti gli elementi costruiti dall’uomo – palazzi, strade, strutture – obbligano il nostro cervello a processare stimoli incessantemente. Pensate anche solo agli edifici: interrompono costantemente il nostro campo visivo. Non a caso, le persone per rilassarsi spesso cercano rifugio sui rooftop, sulle terrazze, per avere finalmente la possibilità di guardare senza vedere, ristabilendo quel legame arcaico con lo spazio aperto.

Non smarrire lo sguardo

Più viviamo in spazi costipati e più questa voglia di libertà visiva e di spazi aperti ci attrae verso luoghi ampi e scenografici, lontani dalla stretta dell’urbanità. Ci attira un panorama spettacolare, un orizzonte sconfinato. Ma la nostra brama di raggiungerlo sta cambiando il modo in cui viviamo i luoghi e il viaggio stesso.

Partiamo con un obiettivo preciso: trovare quella vista perfetta da immortalare. Ma cosa accade nel tragitto verso questa meta? In quel momento, la nostra attenzione diventa un tunnel che ci fa perdere la bellezza del viaggio, quella magia nascosta nelle piccole cose. Ossessionati dal grande, finiamo per ignorare il piccolo.

La curva di un fiume, una luce particolare tra gli alberi, un dettaglio inaspettato lungo il percorso – tutto sfuma ai margini della nostra attenzione, mentre ci proiettiamo mentalmente verso il panorama finale. Questa tensione costante verso la meta ci rende ciechi al contesto in cui ci troviamo, a tutte quelle piccole meraviglie che abitano i nostri passi lungo la strada.

Il mondo in un particolare

La natura, la bellezza, sono ovunque, anche nei luoghi più nascosti e inaspettati. Ma spesso non le vediamo, perché siamo troppo presi dalla ricerca di una grandiosità che possiamo mostrare, condividere, postare. Le piccole cose − quelle che non finiscono in una fotografia ma restano nella memoria − sono diventate trascurabili, sacrificabili. Eppure, è proprio in queste piccole cose che risiede la vera essenza del viaggio: nell’osservare senza fretta, nel lasciarsi sorprendere da ciò che appare solo a chi sa guardare con attenzione. Dedicando tempo.

La “malattia dei panorami” ci ha reso predatori di immagini spettacolari, sempre più affamati di scenari eclatanti. Ma questo bisogno ha un costo: ci fa perdere il piacere del cammino, la capacità di scoprire la bellezza nella semplicità, di apprezzare le sfumature. Invece di goderci il viaggio lo attraversiamo frettolosamente, con la mente già proiettata su quella foto che ci aspettiamo di scattare.

E quando finalmente arriviamo, la meraviglia spesso dura un istante: troppo breve per saziare l’anima, troppo superficiale per restare. Dobbiamo tornare a capire dove siamo. Perché il contesto in cui viviamo ci forma: è un ambiente che parla ai nostri sensi, che ci connette. Ma oggi, sempre più, viviamo “ovattati”, proiettati verso il prossimo scatto, come se il viaggio fosse una serie di fermate e non un flusso continuo di momenti.

Eppure, come non basta una pianta in ufficio per colmare il nostro bisogno di natura, neppure un panorama spettacolare può riempire quel vuoto di connessione autentica con ciò che ci circonda. Forse è tempo di ribaltare il nostro approccio. Di cercare, più che grandi panorami, piccoli momenti. Di tornare a osservare il dettaglio, di perderci nei particolari che sfuggono all’occhio distratto. Perché il vero viaggio è un flusso di istanti da vivere. Guardare il mondo senza aspettative, lasciandosi incantare non solo dal grandioso, ma anche dal piccolo, che spesso è proprio lì, sotto i nostri occhi, pronto a rivelarsi in tutta la sua autenticità. E perché no, ogni tanto perdersi, senza mappa.

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