La responsabilità penale di chi provoca una valanga

Le cronache raccontano troppo frequentemente di valanghe causate da skiaper e freerider. Il Codice penale prevede severe sanzioni, anche in assenza di vittime L'articolo La responsabilità penale di chi provoca una valanga proviene da Montagna.TV.

Feb 14, 2025 - 13:27
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La responsabilità penale di chi provoca una valanga

Leggiamo periodicamente di valanghe causate da scialpinisti e freerider. Non ultima quella vicino agli impianti di Solda dove due ragazzi sono stati denunciati dai Carabinieri e dove per poco non è successa una tragedia. Ma cosa rischio se per colpa della mia attività fuoripista creo una valanga?

Il reato è previsto dal Codice Penale

Se provoco una valanga posso essere denunciato dalle forze dell’ordine per reato penale. Il reato può essere configurato doloso ai sensi dell’art. 426 del Codice penale oppure colposo ai sensi dell’art. 449 del Codice Penale. In passato, nella totalità dei casi, è avvenuta una condanna per reato colposo in quanto è difficilmente ipotizzabile il dolo ossia la volontà di provocare una valanga.

In caso di colpa la fattispecie è inquadrabile nell’ art. 449 Codice Penale che punisce chiunque, cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro, tra cui una valanga. La pena è la reclusione da 1 a 5 anni. Fino a quattro anni, con la recente Legge Cartabia, la pena della reclusione può essere convertita con gli istituti della semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva, o lavoro di pubblica utilità sostitutiva; fino ad un anno di reclusione la pena può essere anche sostituita con una pena pecuniaria che parte da 5 € al giorno fino a 2500 € al giorno in base alle condizioni economiche del reo; quindi, da 1825 € in su.

Nei casi di dolo da parte dello sciatore le pene sono più gravi fino a 12 anni di reclusione in base all’art. 426 del Codice Penale che prevede che “Chiunque cagiona un’inondazione o una frana, la caduta di una valanga, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.” In questo caso però ci deve essere la volontà – il dolo – di cagionare la valanga, cosa piuttosto improbabile.


Cosa si intende con il termine valanga? 

Per comprendere la norma occorre prima dare una definizione di valanga: non s’intende ogni e qualsiasi distacco di massa nevosa, ma solo quello che sia di ragguardevoli proporzioni (per quantità di neve, per estensione del fronte, per velocità di caduta e quindi per forza distruttiva). Nei pronunciamenti passati dei giudici la valanga doveva costituire una minaccia per la pubblica incolumità, con messa in pericolo di vie di comunicazione, centri abitati, o anche piste di sci aperte al pubblico, e quindi l’evento causato doveva mettere potenzialmente a repentaglio la vita di un gran numero di persone. Ultimamente, però i giudici hanno ampliato il concetto di incolumità pubblicaPer la configurabilità del reato è irrilevante che il versante della montagna in cui si verifichi la valanga non sia antropizzato, perché non c’ erano costruzioni, strade o altre piste. Secondo i giudici della Cassazione non possono escludersi la possibilità di danni ad altre persone che abbiano impegnato il pendio fuori pista sciando o passeggiando (vedi C., Sez. IV, 14.11.2018-2.4.2019, n. 14263). Anche nelle “ipotesi di pericolo astratto occorre verificare che la situazione di pericolo, presenti una pur apprezzabile concretezza, in qualche modo idonea a generare una condizione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso di potenziale idoneità a determinare una situazione di pericolo per la vita, l’integrità fisica, la salute delle persone (Sez. 4, n. 5397 del 20/05/2014 – deo. 2015, Meile, Rv. 26202401)”.

La rilevanza delle condotte dello sciatore

Elemento essenziale è anche la condotta dello sciatore. La sua attività deve effettivamente mettere in pericolo l’incolumità pubblica ossia sia atta a minacciare un numero indeterminato di persone. Ci deve essere in ogni caso una colpa dello sciatore, per cui occorre un comportamento contrario alle norme di perizia, prudenza e diligenza.

Secondo i giudici della Valle d’Aosta, ad esempio, l’elemento soggettivo del reato deve essere valutato con rigore. Il soggetto doveva essere in grado di valutare il pericolo della sua condotta anche in base alla sua esperienza pregressa. Ci deve essere una condizione di pericolo segnalata nei bollettini o dai cartelli divieto /pericolo di fuoripista presso gli impianti sciistici (Sentenza n. 1268 della Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, del 15 marzo 2021 e sentenza Cassazione penale 14/11/2018, n. 14263).
Ricordiamo che non esistono norme generali di comportamento per lo scialpinista, la violazione delle quali potrebbe di per sé costituire “negligenza, imprudenza, imperizia”, ma è sempre necessario valutare la situazione complessiva al momento dell’inizio della discesa. 

Una sentenza (vedi T. Bolzano 25.3.2003,) ha assolto lo scialpinista per assenza di colpa. La Cassazione riconobbe due persone colpevoli dei reati di cui agli articoli 449 e 426 del codice penale, perché, l’uno praticando lo sci e l’altro lo snowboard, avevano causato le valanghe, per imprudenza, negligenza ed imperizia. Sono stati condannati ad 1 anno e 6 mesi di reclusione.

La Guida alpina è responsabile nei casi di valanga scaturita dai partecipanti al gruppo.

Da ricordare

Frequentare la montagna innevata, fuori delle piste, presuppone una buona conoscenza del meteo, del manto nevoso e delle caratteristiche del pendio. Occorre quindi ricordarsi di:

a) leggere i bollettini neve e valanghe per conoscere bene l’evoluzione meteo e la stabilità del manto nevoso
b)  dotarsi di dispositivi ARTVA  ed apparecchiature per effettuare le operazioni di richiesta soccorso e saperli usare.
c) scegliere un itinerario in funzione delle capacità individuali e del grado di pericolo esistente
d) praticare sci fuoripista almeno in due, per non essere da soli se si verifica qualche problema.

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