Le prime due stagioni di Élite non erano poi così male

Partiamo da un presupposto: tutto quello che leggerete da qui in poi non si pone l’obiettivo di raccontare Élite nei termini di un “capolavoro”. Sarebbe persino scontato sottolinearlo, ma nel mondo di oggi si è ormai abituati a livelli d’analisi tali per cui si arriva troppo spesso a polarizzare oltremisura le opinioni. Vale per ogni… Leggi di più »Le prime due stagioni di Élite non erano poi così male The post Le prime due stagioni di Élite non erano poi così male appeared first on Hall of Series.

Mar 10, 2025 - 10:38
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Le prime due stagioni di Élite non erano poi così male

Partiamo da un presupposto: tutto quello che leggerete da qui in poi non si pone l’obiettivo di raccontare Élite nei termini di un “capolavoro”. Sarebbe persino scontato sottolinearlo, ma nel mondo di oggi si è ormai abituati a livelli d’analisi tali per cui si arriva troppo spesso a polarizzare oltremisura le opinioni. Vale per ogni aspetto della nostra società e della nostra cultura, e vale altrettanto per le serie tv. Certo: esistono le serie tv belle e le serie tv brutte, e non riconoscerlo diventerebbe pretestuoso.

D’altro canto, la funzione delle nostre analisi parte sempre da questo presupposto: la ricerca delle sfumature, e di posizioni mediali che cerchino in qualche modo una sintesi tra le opinioni più nette. Sarebbe utile tenerlo a mente, di tanto in tanto: siamo ormai invasi da giudizi che ricercano la nettezza per attirare l’attenzione, e spesso si percorre la via alternativa col solo fine di perseguire il medesimo obiettivo.

Ciò detto, queste considerazioni valgono anche per Élite.

Si parla, d’altronde, di una delle serie tv più divisive nella storia degli Original Netflix. C’è chi l’ha amata e chi l’ha detestata fin dall’inizio, anche se a un certo punto le opinioni sono confluite maggiormente nella seconda direzione. Per qualcuno è una trashata senza senso, bollata negativamente dall’inizio alla fine. C’è invece chi si è spinto nella direzione opposta e ha cercato di leggerci dei sottotesti un po’ troppo ambiziosi, fino alle ultime stagioni che invece hanno riscontrato delle critiche pressoché unanimi. Insomma, la premessa chiarisce perfettamente la prospettiva del pezzo: la verità sta nel mezzo.

Chi ha parlato nel tempo di Élite l’ha fatto esagerando in gran parte dei casi: chi l’ha demolita senza pietà manca di obiettività, ma lo stesso vale per chi l’ha incensata. Visto che parliamo di una delle serie tv più influenti degli ultimi anni, almeno all’interno dei confini dei teen drama, è bene farsi una domanda: cos’è stata, davvero, Élite? Una serie ben fatta? Una calamità? Ma soprattutto: perché le prime due stagioni avevano funzionato molto meglio delle successive?

Élite
Credits: Netflix

Seconda e ultima premessa: queste considerazioni valgono esclusivamente in termini qualitativi. Se invece ci concentrassimo sull’impatto che ha avuto sul pubblico, sarebbe sufficiente sottolineare il fatto che Élite sia arrivata al venerando traguardo dell’ottava stagione, prima di concludersi nell’indifferenza generale nel 2024. Otto stagioni sono un’enormità, oggi: qualcuno potrebbe definirlo maliziosamente un accanimento terapeutico sul corpo di un moribondo, ma la verità è che un network come Netflix, ben noto per le politiche stringenti sui rinnovi e le cancellazioni, non ha portato avanti la serie per oltre mezzo lustro con mere finalità artistico-creative, affatto.

Al contrario, parliamo di una serie tv che ha registrato numeri importanti fino alle ultime stagioni, portando con sé un pubblico significativo.

Le motivazioni sono le più disparate: c’è chi ne ha fatto un guilty pleasure e l’ha guardata nel buio delle proprie stanze senza strombazzarlo in giro, e chi invece sperava che la serie avrebbe ritrovato lo smalto perduto tra un avvicendamento del cast e l’altro. Poi sì: a qualcun altro sono semplicemente piaciute e basta, ma concentriamoci per un attimo sui secondi.

Procediamo in modo schematico. Le prime due stagioni di Élite ebbero un ottimo impatto globale perché riuscirono a trasferire le locure della serialità spagnola nel terreno dei teen drama, adottando chiavi espressive provocatorie e combinandole con ricette narrative degne di un ottimo crime.

  • L’incorniciatura che giostrava tra i flashback, la cronaca presente e una misteriosa morte palesata fin dal primo istante, avevano creato due misteri credibili, dalle chiavi effettivamente imprevedibili.
  • La risoluzione del primo caso d’omicidio è un ottimo esempio in tal senso. Dopo aver sviluppato l’intera stagione col fine di disorientare le “indagini” del pubblico, il disvelamento del colpevole fu brillante. In generale, i vari colpi di scena di Élite avevano funzionato discretamente bene.
  • Per quanto la contestualizzazione scolastica sia sempre stata sopra le righe, funzionavano attraverso delle esagerazioni che non scadevano mai nella forzatura a tutti i costi. Per fortuna, non manderemo mai i nostri figli in una scuola del genere, ma è stato interessante passarci del tempo da ospiti esterni.
  • Le scene sessualmente esplicite hanno contribuito al successo della serie, ma è evidente che nelle prime stagioni avessero qualcosa di concreto da raccontare. A proposito dell’identità di genere, ma anche del rapporto con la sessualità da parte della Gen Z nella sua globalità.
  • I dualismi tra i personaggi, intrecciati spesso e volentieri con dinamiche triangolari o più estese, hanno dato vita a dinamiche tridimensionali tra soggetti strutturati con cura e con una buona coerenza. I vari percorsi narrativi si sono sviluppati con archi capaci di attirare l’interesse del pubblico e, spesso, generare empatia anche nei casi più complessi.

A questo si aggiunge un discreto racconto della Generazione Z, già evocata nel punto sul rapporto con la sessualità. Non ci si avvicina certo alle vette di Euphoria, ma non sono mancati gli spunti interessanti qua e là.

  • Altrettanto significativa la gestione del tema delle diseguaglianze sociali, presentate nel corso dei primi episodi con un approccio che ne faceva un cardine della narrazione.

Insomma, Élite aveva saputo creare un’ottima tensione drammatica e l’aveva sviluppata con chiavi non troppo seriose ed efficaci, attirando i target più giovani con personaggi suggestivi e dinamiche interne che valorizzavano la cornice crime. A un certo punto, però, il successo è sfuggito di mano e sono iniziate le forzature che hanno finito per smantellarne l’impalcatura.

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Credits: Netflix
  • Il pattern narrativo col “morto di stagione” evocato fin dall’inizio ha stancato il pubblico. Un pattern ripetitivo, e alla lunga forzato.
  • Se da un lato ha assunto una natura quasi antologica con costanti ricambi del cast principale, dall’altra è evidente che i personaggi introdotti dalla terza stagione in poi non abbiano sempre convinto il pubblico. Il nucleo principale è sempre stato ricordato con una certa nostalgia dai fan della prima ora. Alcuni personaggi hanno funzionato meglio di altri, ma sembravano aver spesso la funzione di stupire lo spettatore anche quando avevano background e sviluppi pretestuosi, poco credibili. Spesso sono risultati monodimensionali, se non persino stereotipati. Banalmente, le generazioni successive non hanno avuto lo stesso carisma della prima.
  • Élite è scivolata progressivamente verso un sensazionalismo fine a sé, con derive trash che hanno dato il là a diversi trend “memistici” sui social. Secondo qualcuno, non esiste la pubblicità negativa, ma a tutto c’è un limite. L’abbassamento del livello medio dei dialoghi ha giocato un ruolo importante in tal senso.
  • La gestione delle scene erotiche e degli intrecci amorosi hanno perso di coerenza e non hanno più avuto niente di importante da dire.

Cosa possiamo trarre da tutto ciò?

Al di là delle prospettive, è evidente che Élite sia andata avanti un po’ troppo a lungo. Pur andando oltre la bontà delle prime due stagioni, il traguardo dell’ottava è piuttosto notevole rispetto alle critiche ricevute nel tempo e, soprattutto, alla luce dell’analisi che abbiamo appena sviluppato. C’è da aggiungere che il declino sia stato progressivo: non tutti i punti di forza si sono persi dopo le primissime annate. Ma tra quelle e le ultime c’è un solco che ha finito per rivalutare negativamente quanto di buono era stato fatto in origine. Ne traiamo, allora, un’esperienza positività a metà, capace di attrarre il grande pubblico e generare altrettante critiche.

Alla fine della fiera, è un elemento che spesso ricorre nella serialità spagnola targata Netflix, a partire da La Casa de Papel in poi: il successo è una costante, le polemiche pure. Non tutti nascono col fine di essere un capolavoro, d’altronde. E, tutto sommato, va bene così.

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