Il vecchio west sbarca al Trento Film Festival

Con la nuova sezione “Western di montagna” la rassegna cinematografica trentina apre le porte a un genere fino a ieri erroneamente considerato lontano dalle Terre alte. Si potranno rivedere cinque pellicole leggendarie L'articolo Il vecchio west sbarca al Trento Film Festival proviene da Montagna.TV.

Mar 2, 2025 - 13:13
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Il vecchio west sbarca al Trento Film Festival

Dove va il cowboy solitario, dopo aver vinto l’ultimo duello? Va verso i monti, da cui era sceso. Questa in (estrema) sintesi è la trama di Shane (Il cavaliere della valle solitaria), film diretto da George Stevens nel 1953 che sta al 45esimo posto nella classifica dei film statunitensi più belli di sempre. Alla stessa classifica appartiene Butch Cassidy, l’indimenticabile film con i “fuorilegge” Paul Newman e Robert Redford, protagonisti di una storia nostalgica in un mondo che scompare. Indimenticabili anche le atmosfere di The Hateful Eight, girato nella neve da un Quentin Tarantino reduce da Django Unchained. Cos’hanno in comune questi film? Due cose. Il genere: western. E gli sfondi: montagne che sorgono all’orizzonte, del Wyoming per i primi due, del Colorado per il terzo. 

Noi che siamo diventati grandi a forza di spaghetti western, con Clint Eastwood (nella peggiore delle ipotesi con Terence Hill) che si muove nella polvere degli immensi pascoli del Tavoliere delle Puglie o degli altopiani andalusi, camuffati da Midwest americano, abbiamo in mente ambienti diversi. Il duello all’Ok Corral pretende un sole a picco sulla terra rossa del deserto, circondato da un orizzonte disperatamente piatto. Ma il vero cowboy, ci insegna la storia del cinema americano, è anche un po’ alpinista. O meglio, lo è il suo cavallo, costretto a ripide salite e discese rovinose tra le torri della Monument Valley o tra le impervie cime del Grand Teton. E scavando nella memoria, tra tutti i film che ci siamo sparati da bambini nelle sale parrocchiali o nelle terze visioni (prima, naturalmente, che si convertissero al porno), quale terreno è più suggestivo di una gola alpestre per gli agguati dei banditi, o di un alto crinale per l’apparizione minacciosa dei pellerossa?

Questa forte connessione tra cinema western e montagna la riconosce quest’anno anche il Trento Film Festival (25 aprile-4 maggio), che dedica all’argomento una sezione speciale. Così la presenta Mauro Gervasini, responsabile del programma cinematografico: “Cinque film dedicati all’epopea del West – o del nord est nel caso del Canada dei Mohicani – che ricordano come il genere più rappresentativo del cinema americano non sia solo deserto, sole e praterie, ma anche montagne, quelle innevate e impervie raccontate da maestri quali Maurice Tourneur, Anthony Mann, Sam Peckinpah, Robert Altman e Sidney Pollack”. 

“Western di montagna” nasce proprio dal centesimo anniversario della nascita di due di questi registi: Peckinpah, di cui viene presentato Ride The High Country (Sfida nell’Alta Sierra, 1962), un film “antiretorico e crepuscolare” (così lo definisce Paolo Mereghetti) con uno spettacolare duello finale; e Altman, con McCabe & Mrs. Miller (I compari, 1971), storia di un bordello preso di mira da una compagnia mineraria, con i bravissimi Warren Beatty e Julie Christie. A queste due pellicole si aggiungono altri tre classici: The Last Of The Mohicans (L’ultimo dei Mohicani, 1920), film muto e leggendario di Tourneur, il cui titolo è diventato anche un modo di dire popolare; The Far Country (Terra lontana, 1954) di Man, ambientato nell Yukon durante la corsa all’oro; Jeremiah Johnson (Corvo Rosso non avrai il mio scalpo, 1972) di Pollack, con Robert Redford che interpreta un trapper solitario, celebrazione della wilderness sulle montagne dello Utah. Quest’ultimo è uno dei rari casi in cui la traduzione italiana del titolo è migliore dell’originale, anche se il “Corvo Rosso” nella trama del film proprio non esiste.

A questa cinquina di western d’autore, se fossi io il curatore della sezione, mi piacerebbe aggiungere una sesta pellicola, ben più recente, Brokeback Mountain (I segreti di Brokeback Mountain, 2005) di Ang Lee, che ha piena cittadinanza nel sottogenere western-alpino: la località del Wyoming in cui è ambientato, Big Horn, sta oltre i 1200 metri. Un film che ha avuto un successo clamoroso, perché infrange magistralmente due luoghi comuni. Il primo, l’abbiamo detto, che i western debbano svolgersi solo tra pascoli e deserti; il secondo, che i cowboy siano tutti campioni di machismo. Con buona pace di John Wayne e altri simboli dell’epopea western, il Vecchio West può essere anche un po’ montagnino. E a volte perfino gay.

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