Chi decide cosa ascoltiamo? Lo strapotere degli Editor di Spotify

Nel nuovo appuntamento con la sua rubrica in esclusiva per All Music Italia, “Dillo all’Avvocato“, l’Avvocato Fabio Falcone (specializzato in Musica, Discografia e Diritto d’Autore e, al tempo stesso, cantautore con La Differenza e come Pianista Indie) affronta un tema toccato nei giorni scorsi anche da Fedez (vedi qui): lo strapotere degli Editor di Spotify. Non perdiamoci in chiacchiere quindi e lasciamo la parola […] L'articolo Chi decide cosa ascoltiamo? Lo strapotere degli Editor di Spotify proviene da All Music Italia.

Mar 7, 2025 - 19:32
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Chi decide cosa ascoltiamo? Lo strapotere degli Editor di Spotify

Nel nuovo appuntamento con la sua rubrica in esclusiva per All Music Italia, “Dillo all’Avvocato“, l’Avvocato Fabio Falcone (specializzato in Musica, Discografia e Diritto d’Autore e, al tempo stesso, cantautore con La Differenza e come Pianista Indie) affronta un tema toccato nei giorni scorsi anche da Fedez (vedi qui): lo strapotere degli Editor di Spotify.

Non perdiamoci in chiacchiere quindi e lasciamo la parola all’Avvocato Falcone a cui, ricordiamo, potete scrivere mandando una mail a Redazione@allmusicitalia.it con oggetto Dillo all’Avvocato o sul suo sito ufficiale cliccando qui.

La mail di un artista preoccupato

Oggi voglio rispondere a un’interessante mail che ho ricevuto da un artista. Il tema? Il potere delle piattaforme di streaming, in particolare il ruolo degli editor di Spotify nel decretare il successo di un brano.

Ciao Avvocato, ti scrivo perché ho una domanda che mi tormenta da un po’. Oggi sembra che il destino di una canzone sia deciso da poche persone: gli editor di Spotify. Sono loro a scegliere chi finisce nelle playlist più seguite e chi no. Il problema è che questa selezione non sembra sempre trasparente. Se sei dentro, puoi ottenere milioni di ascolti. Se sei fuori, è come se non esistessi.

Mi chiedo: è sempre stato così? Prima succedeva con le radio? Oggi il meccanismo è ancora più concentrato nelle mani di pochi?

Questa è solo una delle tante mail che ricevo su questo argomento, ed è evidente che il tema preoccupi molti artisti.

Chi controlla la musica che ascoltiamo?

Negli ultimi anni, le piattaforme di streaming hanno rivoluzionato il modo in cui scopriamo e consumiamo la musica. Se un tempo il successo di una canzone dipendeva in larga parte dalla programmazione radiofonica e dalle vendite fisiche, oggi è quasi interamente guidato dalle playlist editoriali.

Entrare nelle playlist giuste, e soprattutto rimanerci a lungo, può garantire a un artista centinaia di migliaia, se non milioni, di ascolti. Restarne fuori, invece, significa spesso essere invisibili al grande pubblico. Ma non basta semplicemente essere inseriti: la posizione all’interno della playlist e la permanenza sono fattori cruciali.

La New Music Friday, per esempio, può portare decine di migliaia di ascolti a un brano, ma solo se è posizionato in alto. Se un brano finisce oltre la metà, il suo impatto si riduce notevolmente.

Inoltre, per ottenere milioni di stream e una reale visibilità, è fondamentale essere presenti contemporaneamente in più playlist rilevanti e restarci a lungo. Questo perché gli algoritmi e le abitudini degli ascoltatori premiano i brani che continuano a essere riprodotti nel tempo, non quelli che entrano ed escono rapidamente dalle selezioni.

Questi aspetti evidenziano come il potere degli editor di Spotify non si limiti alla semplice scelta di chi inserire nelle playlist, ma si estenda a quali brani ottengono un’esposizione reale e duratura.

Un problema nuovo o qualcosa di già visto?

Molti artisti mi chiedono se questo sia un fenomeno recente o se sia sempre stato così. In realtà, qualcosa di simile accadeva già ai tempi della radio.

Anche allora, entrare nei network giusti significava avere successo, mentre restarne fuori voleva dire lottare per emergere. Tuttavia, con le radio c’era almeno una pluralità di emittenti e direttori artistici, e in alcuni paesi esistono ancora regolamenti che impongono trasparenza nella selezione musicale.

Con le piattaforme di streaming, invece, tutto è centralizzato. Se un editore decide di non inserire un artista nelle playlist chiave, quell’artista rischia di non avere alcuna visibilità, a prescindere dalla qualità della sua musica.

Esistono soluzioni?

Al momento, non esistono regolamenti che impongano trasparenza o criteri equi per la selezione nelle playlist (come tra l’altro hanno fatto notare Fedez e Marco Masini in una puntata di Pulp Music). Il sistema è dominato da logiche di mercato e da accordi strategici tra le grandi etichette e le piattaforme.

Alcuni artisti e manager chiedono più trasparenza sulle scelte degli editor e su come vengano selezionati i brani per le playlist. C’è anche chi propone la creazione di un sistema più equo, che dia maggiore visibilità agli indipendenti, magari attraverso playlist curate da più editor o algoritmi più neutrali.

Lo strapotere degli editor di Spotify è un problema che merita attenzione. La musica dovrebbe essere accessibile e valutata dal pubblico, non solo da un gruppo ristretto di selezionatori.

Se in passato erano le radio a decidere il destino degli artisti, oggi il meccanismo si è concentrato ancora di più nelle mani di pochissime persone.

La vera domanda è:

Vogliamo davvero che il futuro della musica sia deciso da un numero così ristretto di individui? Oppure è arrivato il momento di trovare un nuovo equilibrio?

E tu che idea ti sei fatto a riguardo? Scrivimi o visita il mio sito per maggiori approfondimenti.

Alla prossima!

 

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