Borghi incantati: Larzonei, piccolo mondo antico nelle Dolomiti Bellunesi
Sono appena dieci gli abitanti del borgo a 1577 metri di quota con vista sul Civetta, il Col di Lana e il Piz Boè. E non hanno alcuna intenzione di abbandonare la loro terra L'articolo Borghi incantati: Larzonei, piccolo mondo antico nelle Dolomiti Bellunesi proviene da Montagna.TV.

C’è un piccolo borgo, più o meno quindici case, dove pare che il tempo si sia fermato. Oggi è abitato da una decina di persone. Nel 1992 erano 48, ancor prima molte di più, una quindicina di famiglie e c’era anche la scuola. Larzonei (in ladino Larcionei), è una frazione lillipuziana del comune di Livinallongo del Col di Lana, nelle Dolomiti bellunesi, ma il capoluogo, Pieve di Livinallongo sta da tutt’altra parte, sull’altro versante della valle. Per individuarlo sulla cartina, appeso alle pendici meridionali del Monte Pore, bisogna guardare con attenzione. È fuori dal mondo. Si raggiunge con un’ardita, stretta, a tratti ripida strada con una sola carreggiata, sia pur asfaltata, incisa nelle rocce scure del monte, ammantato da un fitto bosco di abeti e larici. C’è da augurarsi di non incrociare nessun veicolo in senso opposto visto che le piazzole di scambio sono pochissime. E d’inverno il fondo presenta tratti ghiacciati. Sono quei due ultimi difficili chilometri, quando si lascia la Strada Regionale 203 nel tratto che collega Alleghe alla Grande Strada delle Dolomiti sul versante che sale al Passo Falzarego, quei due chilometri con quattro tornanti iniziali, che hanno costituito il diaframma fra il resto del mondo e il piccolo mondo antico di Larzonei. Ma è quando si arriva lassù a 1577 metri di altitudine, dopo che la stradina prima spiana e poi scende leggermente (purtroppo non mancano i segni lasciati dalla tempesta Vaia del 2018) che si spalanca, con un certo sollievo per chi guida, quasi all’improvviso uno spalto panoramico di prati assolati strappati alle pendenze, con vista sul Civetta e sul Piz Boè. E si capisce come, in tempi remoti, anche quei prati, quei pascoli e il bosco che li circonda, pur così difficili da raggiungere, costituissero un bene prezioso per la sussistenza dei coraggiosi abitanti che lì si insediarono.
Assediati dalla neve se la cavavano da soli
Fino a più di una ventina di anni fa l’isolamento del borgo aveva giustificato un caso forse unico in Italia: il borgo si amministrava autonomamente, separatamente dal comune di Pieve di Livinallongo. Dal 1960 infatti aveva goduto della legge sugli “usi civici”: l’isolamento e il bosco erano le ragioni della speciale autonomia. Gli abitanti si arrangiavano, facevano tutto da soli, eleggendo un loro comitato, con le stesse procedure per l’elezione del sindaco. Tenevano libera la strada dalla neve, di certo un grande problema con le abbondanti nevicate di un tempo, provvedevano alla manutenzione dell’acquedotto e al decoro del borgo. E le case erano piene di provviste che potevano bastare per un paio di mesi se la strada restava bloccata.
I proventi arrivavano dalla vendita del legname e dall’utilizzo dei pascoli. Quella legge non è decaduta ma visti i problemi dovuti allo spopolamento e al fatto che le “elezioni” andarono deserte, la gestione dei beni e dei servizi della frazione è poi stata presa in carico dal Comune. A Larzonei oltre a storici fienili c’è anche una chiesetta dedicata a San Silvestro, che si “riempie” di fedeli solo il 31 dicembre ma della quale si possono trovare talvolta le porte aperte nella buona stagione. La chiesetta ha origini antichissime anche se ne è documentata la sua esistenza “solo” dal 1504. Dopo la Prima guerra mondiale venne ricostruita.
Quando i defunti dovevano attendere la primavera per essere seppelliti
È probabile che arrivando a Larzonei oggi, durante la giornata, soprattutto d’inverno, non si incontri nessuno. E non è dato sapere chi si celi dietro le finestre delle abitazioni ben curate. I pochissimi giovani di giorno sono al lavoro impegnati in attività turistiche nelle località limitrofe.
Che la neve lassù sia sempre stata un grande problema lo si evince anche dal fatto che nei secoli passati gli abitanti di Larzonei, come d’altro canto facevano quelli di Colle Santa Lucia (paese ladino legato anch’esso a Livinallongo) usavano trasportare i loro morti nel cimitero di Arabba. Un lungo trasferimento a piedi a mezza costa con la bara in spalla percorrendo la cosiddetta strada dei morc’ (dei morti) che richiedeva due giorni di cammino. Per cui di notte si pernottava nella frazione di Palla, dove esisteva un porticato adibito alla posa del feretro. Un’usanza tramandata dal legame con Arabba mai rimosso nel tempo. E così, quando d’inverno la strada era impercorribile per la neve, i defunti si conservavano al freddo, nelle loro dimore, per seppellirli a primavera. Un fatto, si dice, a cui si ispirò Ernest Hemingway, passato da queste parti, per uno dei suoi “I quarantanove racconti “. Il percorso si snodava a mezza costa seguendo per un tratto la strada de la vena attraverso gli abitati di Canazei (piccolissimo borgo da non confondere col paese in Val di Fassa), Colcuc, Larzonei, per poi proseguire per le frazioni di Franza, Agai e Palla.
La strada de la vena
E proprio la strada de la vena (dove vena sta per filone) qui vi proponiamo di scoprire (con la buona stagione da maggio a ottobre) un altro percorso utilizzato per secoli, un’antica via del ferro, seguendo l’antico sentiero utilizzato dai minatori per trasportare il minerale dalle miniere del Fursil, nei pressi di Colle Santa Lucia, ai forni fusori del Castello di Andraz e del valico di Valparola. Si tratta di un lungo itinerario (circa 17 chilometri, ma che è possibile percorrere anche parzialmente) che passa anche per “Col di Larzonei” (1665 m giusto un po’ più a monte di Larzonei), un punto altamente panoramico. Da qui si prosegue nel bosco e, passando un pò sopra l’abitato di Cernadoi si raggiunge la frazione “Castello”, dove si può ammirare e visitare il famoso “Castello di Andraz”, i cui riferimenti storici sono di poco successivi all’anno Mille. La strada de la vena si sviluppa in questo tratto con lievi saliscendi sempre intorno a quota 1600-1700 metri, per salire nell’ultima parte a Castello (1800 m). In senso inverso può essere un’alternativa alla salita in auto a Larzonei. Sono circa 8 chilometri che si percorrono in un paio d’ore.
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