Resilienza italiana contro Kerrang: Trivium e BFMV a Milano, 17/02/2025 (report)
Il Poisoned Ascendancy Tour celebra le pietre miliari di Trivium e Bullet For My Valentine. Ma in Italia abbiamo veramente amato questi album usciti 20 anni fa? E dal vivo come li abbiamo accolti, nel 2025?

Tiriamo indietro le lancette di 20 anni: nel 2005 escono Ascendancy, secondo disco dei Trivium, e The Poison, primo disco dei Bullet For My Valentine. Le riviste metal anglofone sono in estasi: “ecco arrivare i nuovi Metallica e i nuovi Iron Maiden”! Copertine e approfondimenti quasi settimanali su Kerrang, copertine su Metal Hammer UK, copertine ovunque perché la stampa inglese è sempre stata eccellente nel creare hype, nello spingere nuove band.
Qui in Italia, la strada era quasi opposta: “ecco arrivare CHI SI CREDE i nuovi Metallica e i nuovi Iron Maiden! Ma chi si credono di essere?“. E infatti nel 2005 i Trivium suonavano al Transylvania Live di Milano e nel 2007 nell’ancor più piccolo Rainbow Club, andava un po’ meglio ai Bullet con un debutto all’Alcatraz nel 2008.
Sono passati 20 anni da quegli album fondamentali per le due band, e come siamo messi?
Trivium e BFMV hanno un bel seguito mondiale, forse non sono degli headliner consolidati e credibili su mega-festival ma il loro nome è molto spendibile, anche se non riempirebbero da soli gli stadi. Dei grossi palazzetti dello sport sì, li riempiono bene all’estero: ecco una foto dalla prima data del Poisoned Ascendancy Tour, con una bella arena inglese piena – e diamine, hanno anche uno snake-pit uguale a quello dei Metallica.
In Italia? Il 17 Febbraio troviamo un Alcatraz di Milano strapieno: una bella soddisfazione per i fan italiani, ma non è certo un’arena, non ci sono snakepit, pupazzi gonfiabili giganti e giochi di luce incredibili.
Cosa dice questo sull’Italia? Siamo sempre stati resilienti contro le spinte della stampa inglese.
E’ stato un bene? Un male? Sicuramente è stata una peculiarità italiana, noi “queste band nuove” non le abbiamo mai abbracciate fino in fondo, anche se sono band che festeggiano 20 anni dalle loro pietre miliari e un po’ di gavetta forse l’hanno ormai fatta.
Ah, e Kerrang ha chiuso nella sua versione cartacea – anche se questo è docuto più alla pandemia e al costo della carta, e comunque la rivista prosegue con la stessa forza online.
Con tutte queste premesse, com’è stato il concerto?
Sottolineando che parlare del concerto serve più a che c’è stato e a chi è fan, piuttosto che a chi è sempre stato diffidente, possiamo dire che sì, le band in 20 anni hanno fatto “un po’ di gavetta” e sanno mettere in piedi un concerto stellare.
Ma in realtà questo lo sapevano fare già nel 2005, ee è proprio questa la caratteristica che accomunava la band americana e quella gallese: entrambe suonavano in piccoli club comportandosi come se stessero già suonando headliner ad un festival, e questo dimostrava una grande ambizione – considerata una virtù in alcune nazioni, una dimostrazione di arroganza in altri Paesi.
Quindi sì, Trivium e Bullet non si sono lasciati scoraggiare dal panorama meno ampio rispetto ai concerti in Inghilterra, e hanno suonato a testa bassa sugli strumenti, continuando a ringraziare il pubblico nei pochi momenti di pausa dall’assalto sonoro.
E poi lo sappiamo che quel che gli italiani peccano in numeri, lo compensano con il calore. Eccone la prova.
The Poison e Ascendancy sono eseguiti per intero, traccia dopo traccia. Chi conosce a memoria i dischi e le intonazioni incise, certamente noterà differenze di arrangiamenti o vocali – ma son passati 20 anni, pretendere un sound identico sarebbe assurdo.
Guardando il pubblico, sembra che la maggior parte sia qui principalmente per i Trivium – i BFMV fanno partire pogo e cantare tutti sui cori più famosi, ma verso la fine del loro set si nota un po’ di stanchezza e forse 1 persona su 5 canta tutti i brani. Non li amiamo abbastanza, ma a Matt Tuck e soci non importa. Anzi, Matt porta sul palco il suo bambino (o bambina? Meglio una schwa in questo caso?) per i saluti finali.
I Trivium sono accolti da ovazioni, e siamo ripagati da un Matt Heafy in stato di grazia, con una voce potente e molta grinta sul palco. Matt si spoglia sempre più (a petto nudo non ricordo di averlo mai visto, da queste parti), parla tantissimo in Italiano corretto, e a metà set dice che siamo il pubblico più caloroso, è inutile fare i giochini di rivalità con le altre nazioni: è l’Italia il posto con i fan che urlano di più. Unica concessione post-Ascendancy è per In Waves, che chiude il concerto alla perfezione.
E’ stato un tour importante, una accoppiata azzeccata. Un piacere per chi c’era e si è meritato due esibizioni maiuscole, e al contempo una medaglia d’orgoglio per chi non ha voluto esserci perché non voleva piegarsi, nemmeno 20 anni dopo, ad ascoltare qualcosa di “nuovo”.