Il bello (e perfino la ricerca) della sconfitta in montagna
La rinuncia porta spesso con sé più insegnamenti che delusioni. La sovrabbondanza di informazioni, fornite in tempo reale da seguitissime community on line, riduce però le incognite di un’ascensione e indirizza gli alpinisti. Così si sale in fila e si cancella il piacere dell’avventura L'articolo Il bello (e perfino la ricerca) della sconfitta in montagna proviene da Montagna.TV.




Negli ultimi tempi mi è capitato di tornare indietro nel corso di una salita almeno una mezza dozzina di volte.
Un mesto ritorno a valle, assieme al mio compagno di cordata.
Una nevicata inattesa d’autunno, l’attacco sbagliato della via, la sopravalutazione dello stato di forma e sottovalutazione delle difficoltà e del materiale necessario, sadicamente ridotto all’osso, la pioggia imprevista a gennaio che dilava la cascata, scarse ore di luce e troppe incognite lungo un percorso di archeologia alpinistica…hanno presto ridimensionato le ambizioni per la cima e imposto il dietro front.
Ho perso tanti trofei e la soddisfazione della foto di vetta, con il rammarico di non aver scelto un obiettivo più semplice da decifrare, più ricco di informazioni, con meno incognite, insomma qualcosa che mi consentisse di andare sul sicuro, magari attingendo dalle tante informazioni disponibili.
I mille report di salita in circolazione sui social network e su alcuni siti dedicati, consentono, infatti, di conoscere in tempo quasi reale le condizioni di scalate di roccia e di ghiaccio, lo stato delle protezioni esistenti, la presenza o meno della traccia di avvicinamento, lo stato della neve e del ghiaccio…
Un bell’aiuto che evita tante scocciature, ma che a volte contribuisce a convogliare un eccessivo numero di scalatori lungo gli itinerari che si presentano in buone condizioni di percorribilità.
La presenza in parete di altre cordate ci conforta e seguire una traccia ben battuta nella neve non ci affatica, né richiede di pensare troppo a dove stiamo andando, anche se le salite in colonna espongono di più alla caduta di sassi e di ghiaccio e possono rallentarci parecchio.
Forse è ancora possibile scegliere le proprie scalate al di fuori dalle rotte più gettonate del momento? Per confrontarsi dal vivo e dal vero con la montagna, senza eccessive tattiche e dettagli aggiornati riguardo la percorribilità degli itinerari?
Così facendo si aumenta l’incertezza e pure la possibilità di tornare a casa con le pive nel sacco ma, in fondo, non è questa l’anima dell’alpinismo?
Una buona ritirata vale quanto una salita. E’ un’arte come un’ascesa e mentre si sale ci si può divertire preparandosi all’eventualità, disegnando nella mente un possibile itinerario di fuga: un cordino sullo spuntone lì, un chiodo là, una cengia da sfruttare…
Senza contare che la rinuncia porta spesso con sé più insegnamenti che delusioni e, non di rado, più ricordi d’esplorazione e avventura rispetto a giornate “memorabili” con vette raggiunte d’un lampo.
L'articolo Il bello (e perfino la ricerca) della sconfitta in montagna proviene da Montagna.TV.