Welcome to the Machine – Così il turismo domerà l’Ai
Il titolo riporterà alla mente degli amanti del rock il bellissimo brano dei Pink Floyd tratto da “Wish you were here” del 1975. In realtà mi piace usarlo per raccontare di questo adrenalinico (e pericoloso?) incontro tra macchina e uomo dei giorni nostri. Si è parlato così tanto di intelligenza artificiale nel 2024 che quasi mi sembra superato parlarne ancora, sebbene questa rivoluzione tecnologica abbia appena messo la testa fuori dall’acqua. Continue reading Welcome to the Machine – Così il turismo domerà l’Ai at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Il titolo riporterà alla mente degli amanti del rock il bellissimo brano dei Pink Floyd tratto da “Wish you were here” del 1975. In realtà mi piace usarlo per raccontare di questo adrenalinico (e pericoloso?) incontro tra macchina e uomo dei giorni nostri. Si è parlato così tanto di intelligenza artificiale nel 2024 che quasi mi sembra superato parlarne ancora, sebbene questa rivoluzione tecnologica abbia appena messo la testa fuori dall’acqua. Si è detto di tutto sulla Ai e sulla Gen A, che cambierà il mondo, che è un enorme possibilità, che è una minaccia.
Si è passati da “bisognerà dare un reddito di cittadinanza mondiale a chi perderà il lavoro” a “è la più grande opportunità di democrazia e di equità tra le persone”. Non sarò quindi io a dire cosa porterà questa potente innovazione che avvolgerà tutto il pianeta. Mi limito a dare uno stato d’animo, una sensazione, una percezione che proviene dalle viscere, “Straight from the Gut” come diceva Jack Welch nel suo indimenticabile libro. Di tutte le formidabili innovazioni realizzate dall’uomo, questa è forse la prima che potrebbe scappargli di mano, sorpassandolo a destra. Sembra una cosa così potente, così veloce, così capace di perfezionarsi e migliorarsi da sola che potrebbe persino prendere il sopravvento sul genere umano.
Così mi tornano alla mente alcuni film di fantascienza che raccontavano il rapporto tra uomo e macchina, tra tutti Blade Runner in cui Harrison Ford si innamorava di una “replicante”, Rachael (Sean Young), la quale aveva persino imparato a provare dei sentimenti. E ancora la famosa frase proferita da un altro replicante, Roy Batty interpretato da un immenso Rutger Hauer quando sul tetto di un grattacielo sotto la pioggia battente diceva «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire».
Chiedendo venia per questa digressione emotiva torno per la seconda volta al tema centrale. Come affrontare questo grande cambiamento tecnologico? Intanto non lo si può evitare perché alcune innovazioni sono come “dei treni che ti vengono addosso in galleria: o ti fai mettere sotto o ci salti sopra”. Ecco, non vedo molto diversamente l’Ai e bisogna quindi salirci sopra, andandole incontro ma non si può perdere di vista un fatto importante. Per mettere ChatGpt sul tuo smartphone e cominciare a utilizzarla ci vuole veramente poco. Ma il vero tema è come faranno le aziende ad implementarla nelle proprie verticali di business perché per fare quello bisognerà invece investire moltissime risorse, che con ogni probabilità rientreranno con gli interessi ma, intanto, richiedono grandi investimenti.
Parlo di personalizzazione nel marketing, di machine learning nel revenue management, di service nei call center, di scritture dei codici dei programmi It e non voglio appositamente toccare il tema dell’efficienza operativa perché questa potrebbe avere anche ricadute sull’occupazione. In ogni caso ci vogliono molte risorse e il nostro è un comparto la cui ossatura è composta da piccole e medie imprese che difficilmente avranno la forza economica per fare questo passo importante.
E così questo enorme strumento potrebbe divaricare ulteriormente il gap tra le aziende più strutturate e quelle meno. Ecco perché, in tutte le interlocuzioni con il governo, ho messo questo punto tra i primi da richiedere alla politica. Occorre formazione, e non formazione per capire come utilizzare l’Ai, ma formazione per capire che tipo di investimenti e che tipo di benefici può garantire. E poi, oltre alla formazione, servono capitali per implementarla e anche per questo va richiesto supporto alla politica che deve accompagnare le aziende, soprattutto quelle medio-piccole, nel futuro aiutandole ad attraversare questa pirotecnica trasformazione digitale.
Abbiamo passato due anni a richiedere fondi durante il Covid per sopravvivere a una crisi spaventosa, ma ora dobbiamo chiedere fondi per innovarci e per ad andare incontro al futuro.
Nel nostro piccolo, piccolissimo mondo, in Astoi, abbiamo stanziato una somma rilevante per la formazione ed io credo che dovremo investirli nella ricerca e nel comprendere con società primarie di consulenza come attraversare questo oceano che ci porterà sicuramente verso nuove e inesplorate terre, ma che intanto richiede di avere le spalle grosse per attraversarlo, perché pur sempre di un oceano si tratta. Questa è la nostra “missione” in Astoi per il 2025 e questo è quello che vogliamo trasmettere ai nostri soci.
Quella del Covid era una minaccia visibile e riconoscibile, ma se non innoveremo le nostre aziende dovremo fare i conti con qualcosa di più subdolo che ci metterà sull’orlo del mercato, a poco a poco, senza dircelo.
Niente paura, si affronta tutto ma serve coscienza di cosa siamo e di dove vogliamo andare. E allora torno a Blade Runner quando Harrison Ford pensando ai replicanti diceva “Tutto ciò che volevano erano le stesse risposte che noi tutti vogliamo: da dove vengo? Dove vado? Quanto mi resta ancora?”. Troppo iperbolico? Forse sì e volutamente “ho preso la curva un po’ larga” ma sulla prima e sulla terza domanda è quasi impossibile rispondere mentre sulla seconda dobbiamo dare una risposta di sistema ed è su questo che Astoi si impegnerà.