Split Fiction Recensione: Fares, ci sei riuscito di nuovo!
Split Fiction è l’ultima creazione di Hazelight Studios realizzata sotto la direzione di Josef Fares e perciò, ovviamente, giocabile obbligatoriamente in 2, con lo schermo “split”, diviso: addio single player! Sempre nel rispetto delle tradizioni e del passato del geniale game director, Fiction è più di un titolo d’azione-avventura cooperativo. E’ un’esperienza, un viaggio nella […] L'articolo Split Fiction Recensione: Fares, ci sei riuscito di nuovo! proviene da Vgmag.it.


Split Fiction è l’ultima creazione di Hazelight Studios realizzata sotto la direzione di Josef Fares e perciò, ovviamente, giocabile obbligatoriamente in 2, con lo schermo “split”, diviso: addio single player! Sempre nel rispetto delle tradizioni e del passato del geniale game director, Fiction è più di un titolo d’azione-avventura cooperativo. E’ un’esperienza, un viaggio nella mente delle due protagoniste (letteralmente) che unisce e intreccia elementi narrativi provenienti dalla fantascienza e dal fantasy; combina e alterna stili di gameplay differenti; sorprende con costanti cambi di ritmo e trovate inaspettate, che catapultano in una sequenza di eventi unica e costantemente mutevole. Non è sempre perfetto, ovviamente, ma gli si perdona qualche sbavatura in nome di una regia straordinaria, e della sua capacità incredibile di tenere insieme e rendere coerenti tutti questi pezzi in apparenza così diversi.
Split Fiction è una storia… piena di storie
La storia di Split Fiction non dà molto respiro all’incipit, che introduce immediatamente le due protagoniste principali: le due autrici squattrinate e alle prime armi Zoe Foster e Mio Hudson. Allettate da una casa editrice del futuro, che tramite un macchinario promette di far vivere loro e trasformare in un’esperienza immersiva una storia da loro precedentemente inviata, dopo appena qualche minuto dall’avvio del gioco ci troviamo (senza presentazioni dettagliate o spiegazioni) a guidarle fuori da una misteriosa “simulazione”. Una macchina ha infatti inavvertitamente fuso i loro rispettivi mondi immaginari. Uno, quello di Mio, è un mondo di fantascienza, tutto Cyberpunk, neon, circuiti e metropoli inquinate. L’altro, quello di Zoe, è un fantasy tra il fiabesco e il mitico, con magie, troll di montagna e castelli. Insomma, le due hanno stili e personalità diametralmente opposti, almeno in apparenza, ma se vogliono scappare dal misterioso esperimento che le intrappola all’interno degli universi da loro stesse creati, sono costrette a collaborare, e noi con loro; per sfuggire a questa realtà ibrida affrontando una serie di sfide che metteranno alla prova le loro abilità e capacità di lavorare insieme. Approfondendo al contempo le personalità di ciascuna, i segreti, le fragilità e le potenzialità inespresse, tra colpi di scena, tanti momenti emozionali e un sacco di vicende oscillanti tra l’epico e “l’amabilmente strampalato”.
La campagna principale di Split Fiction offre circa 14 ore di gameplay, una durata ottimale che conduce senza affanni, ma anche senza dilungamenti, all’epilogo (che logicamente non vi spoileriamo) facendoci conoscere gradualmente Mio e Zoe e permettendoci di empatizzare con loro fino in fondo. Comunque, le ore possono aumentare o diminuire di poco in base al livello di abilità dei giocatori e al tempo che sceglieranno di dedicare alle missioni secondarie. Intendendo con “Storie Secondarie” una serie di mondi brevi che, come raccontano le protagoniste stesse, spesso raccontano storie ancora incomplete, bozze che le due scrittrici volevano approfondire prima di chiuderle e simili, accessibili attraverso portali nascosti in ogni livello. Ludicamente, queste missioni opzionali presentano meccaniche uniche, diverse da quelle deooa realtà “principale” in cui si inseriscono (se stiamo vivendo una storia di Zoe, saranno basati su idee di Mio e viceversa). Così, aumentano anche esponenzialmente la varietà delle situazioni proposte, mentre narrativamente sono gioiellini autoconclusivi, che pur discostandosi dal flow principale offrono a Mio e Zoe l’intuizione necessaria per capire che, forse, la casa editrice che sembrava offrire loro stabilità e sicurezza voleva in realtà “scavare” nei loro cervelli più di quanto preventivato. Per carpire loro più informazioni e rubare le loro più storie possibili… anche senza permesso.
L’intreccio generale, quindi, funziona benissimo, nonostante la prima manciata di minuti nel gioco (come anticipavamo) possa sembrare affrettata: come per lanciare con un pretesto qualunque le protagoniste nell’azione. Proseguendo diventa però chiaro che è una “fretta” voluta e calcolata, pensata per togliere il respiro al giocatore e farlo concentrare sull’azione prima che su tutto il resto, fuorviandolo. Emulando e quasi parodizzando le produzioni cinematografiche odierne, ci viene da dire, solo per scardinarne i canoni poco a poco, anche più di quanto già accadeva in It Takes Two (che aveva invece una serie di premesse più definite). Conoscere un po’ alla volta Zoe e Mio, attraverso le loro opere narrative, è fantastico, così come scovare ogni informazione racchiusa in allegorie, situazioni in apparenza strane, dettagli da scovare in un impasto ora fantasy, ora sci-fi, ora action, ora puzzle o platform. Ci si sente costantemente stimolati in Split Fiction, “divisi” non solo tra i due giocatori sullo schermo, ma più in profondità tra tutti i livelli di trama, meta-trama e meta-meta trama, che danzano al ritmo incalzante di un gameplay vivace e fresco. Di cui stiamo certamente per parlarvi, ma prima… la colonna sonora e il comparto audio di Split Fiction meritano una menzione speciale.
Le musiche si adattano perfettamente alle diverse ambientazioni, passando da melodie epiche orchestrali in mondi fantasy a temi elettronici in scenari futuristici (tenere il ritmo in questo secondo caso non è un’opzione, si balla!). Però, anche gli effetti sonori sono curati e credibili, contribuendo a creare un’atmosfera coinvolgente che arricchisce l’esperienza di gioco. Infine, il doppiaggio in italiano è perfetto: impeccabile. Che collabora peraltro magnificamente con i filmati di intermezzo in stile Fares, viene da dire, cioè con elementi cartoon, una spruzzata di realismo e tanti, tanti colori, per garantire un avanzamento nelle vicende sempre chiaro e bilanciato tra cut-scenes e gameplay.
Tutti i tipi di azione che si può, in un solo gameplay
Ve lo abbiamo detto all’inizio, ed è uno dei cardini della produzione Hazelight e di Fares, ma lo ripetiamo ora che ci approcciamo al gameplay: Split Fiction è progettato esclusivamente per il gioco cooperativo in split screen, richiede la partecipazione di due giocatori attraverso modalità locale o online, ed enfatizza la necessità di una costante collaborazione tra i player. Nota a margine: se possedete il gioco, condividendo un EA Friend Pass gratuito potete giocarci con chiunque online, oltre che, ovvio, con chiunque in locale (senza pass, ma con due controller). Se non avete mai provato un gioco cooperativo del geniale Director, quindi, sappiate che dovrete affrontare i livelli guardando la vostra parte di schermo, mentre di fianco avete quella del vostro alleato impegnato a fare, asimmetricamente da voi, la sua partita. Inoltre, gli stage introducono costantemente nuove meccaniche e abilità, sempre pensate per stimolare due persone contemporaneamente richiedendo però a ciascuna set di skill differenti. Ad esempio, i giocatori possono trovarsi a cavalcare draghi volanti in un livello, guidandoli lungo un percorso a ostacoli parallelo per entrambi. O magari, a controllare delle navi spaziali in una porzione “bullet hell”, cercando di non confondersi tra loro. Magari, dovranno impegnarsi in una sezione 3D dove una persona aiuta l’altra spostando pannelli, rompendo vetri, e l’altra accende interruttori, elimina nemici, e così via: a ciascuno il suo. Magari, dovranno scappare in una porzione platform 2D che gioca con la gravità e fa quasi venire il mal di testa, o ancora, superare una serie di puzzle ambientali trasformandosi in varie creature fantasy, ciascuna con poteri diversi da intrecciare tra i due giocatori. La varietà di possibilità che incontrerete è impossibile da spiegare a parole e l’esperienza è costantemente fresca, coinvolgente dall’inizio alla fine, densa di citazioni ad altri giochi, a film e serie note, a libri e alla cultura pop in generale.
Non vi annoierete mai in Split Fiction, questo è certo, un imprevedibile e magnifico flusso di coscienza videoludica che vi sorprenderà senza però mai diventare frustrante, straniante e senza richiedere abilità sovrumane. Il gioco presenta infatti un livello di sfida equilibrato, adatto sia ai neofiti che ai veterani del mondo videoludico, che però pende decisamente verso il “semplice” se siete videogiocatori parecchio esperti, pur offrendo saltuari momenti al cardiopalmo dove la concentrazione, sia individuale che di coppia, è cruciale. Questo perché Fares ha voluto pensare a ogni tipo di coppia possibile, rendendo le sfide del suo Split Fiction stimolanti proprio perché da superare insieme e non da soli, lasciando indietro il/la propria compagna. Oltretutto, come di consueto la capacità del Director di insegnare “come funziona il suo gioco” senza bisogno di costanti popup, spiegazioni testuali, tutorial e simili, è degna della miglior “teoria Nintendo”. Infatti, le meccaniche in continua evoluzione sono comunque introdotte gradualmente, tramite sfide che richiedono ogni volta una comprensione leggermente superiore a prima delle potenzialità di questo o quel comando. Così, permettono ai giocatori di familiarizzare con le loro nuove abilità senza sentirsi sopraffatti e li sorprendono quando, una volta che pensano di sapere tutto, introducono a sorpresa una nuova implicazione, o ne stravolgono le certezze completamente cambiando genere, setting e ritmo.
Split Fiction: a scuola di “direzione” con Fares
Rispetto ad It Takes Two, ci è sembrato che Split Fiction sia più votato all’azione, pur contenendo puzzle ed enigmi interessanti in certe sezioni, proprio perché anche quando le coppie in gioco credono di potersi rilassare, Fares le “aggredisce” con una corsa su motociclette sci-fi alla Tron, con una Boss fight letale, con una fuga alla Crash Bandicoot (con tanto di grafica frontale rispetto ai personaggi) da una mandria di Troll inferociti, e via così. Il che ha senso, dato che narrativamente Fiction mette in scena le storie di due scrittrici, con tutto l’interesse possibile a rendere le vicende narrate sapide e intrattenenti.
Difficile dunque trovare dei veri e propri difetti a Split Fiction, che si trova in una posizione decisamente privilegiata dall’alto delle sue trovate geniali, della sua cadenza frizzante, della sua capacità di farci entrare nelle menti delle protagoniste, e far diventare nostre le loro emozioni. Come se fossimo noi quelli finiti in una simulazione, dalla quale però non vorremmo mai uscire. Persino dal punto di vista tecnico Split è decisamente migliorato rispetto al passato, guardando sia a It Takes Two che a A way Out, le ultime due opere di Fares e Hazelight. Le ambientazioni sono dettagliate e vibranti, coloratissime e diversissime anche all’interno dei macro-mondi fantasy e fantascientifico. Le animazioni dei personaggi, sia dei corpi che dei volti, sono fluide e più realistiche, ma comunque tendenti al cartoonesco e caricaturale, e contribuiscono a rendere l’esperienza di gioco immersiva, ma comunque “fantastica”. Peraltro, nonostante possiamo allontanarci molto in alcune fasi dai nostri compagni di avventura, e visualizzare due porzioni del mondo dettagliatissime, possibilmente affollate di dettagli in movimento, riflessi e illuminazioni dinamiche super realistiche, su PlayStation 5 (dove abbiamo provato Split Fiction) il gioco gira in 4K con un frame rate stabile e fluidissimo.
Ciò che stupisce maggiormente di Split Fiction però è la sua più volte citata coerenza eccezionale: stoica e costante nonostante la poliedricità delle situazioni, ambientazioni, narrazioni, toni e temi che non smettono mai di cambiare, evolversi e sorprendere i giocatori. Una coerenza di certo figlia della “direzione” eccellente, quella del game director Josef Fares, una delle menti creative più affidabili e prolifiche del nostro ecosistema videoludico moderno. Quelle che per altri sarebbero limitazioni, le trasforma in momenti di slancio e le difficoltà, le criticità, le istanze più impegnative e pericolose, diventano per lui e per Split Fiction punti di forza. Per una produzione curata sotto ogni punto di vista: tecnico, artistico, ludico, narrativo, sonoro, creativo. Per un titolo, Split Fiction, che è più di un singolo gioco, o una singola storia: è un’epopea policroma e sinestetica in cui perdersi con una persona a nostra scelta di fianco, a portata di risata, di occhiata stupita, di “aiutino” se le cose diventano troppo difficili per lui/lei. E’ un videogioco nel senso più puro del termine, con cui divertirsi non è un’opzione: è una missione. Riuscitissima, peraltro!
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