Romano Benet svela i dettagli della prossima spedizione sullo Yalung Peak
L’alpinista tarvisiano torna con la moglie Nives Meroi e con Peter Hámor sulla montagna nepalese nel gruppo del Kangchenjunga. Poche le novità, tanta la voglia di divertirsi L'articolo Romano Benet svela i dettagli della prossima spedizione sullo Yalung Peak proviene da Montagna.TV.

“Noi andiamo a divertirci. Ci aspetta una vacanza di un mese e mezzo”. Chi pronuncia queste parole non sta partendo per Formentera o Mykonos. Il due aprile salirà su un aereo per Kathmandu per poi dirigersi verso una delle montagne più severe dell’Himalaya: lo Yalung Peak. Romano Benet è fatto così. Per carattere, forza ed esperienza sa dare il giusto peso alle cose della vita. Non sarà solo, con lui l’inseparabile Nives Meroi e lo slovacco Peter Hámor. Tutta gente fatta allo stesso modo e che non ha più niente da dimostrare.
Ma il richiamo di quella enorme parete che lo scorso anno li ha respinti è troppo forte.
Ancora lo Yalung Peak, perché?
E’ una vetta che ci piace, molto sfidante e pressocché inesplorata. Nessuno ha mai scalato il versante sud di quella montagna e l’idea di aprire una nuova via naturalmente ci piace. Ma soprattutto è il posto giusto per noi. Lì siamo soli, nessun altro alpinista in parete e pochissimi trekker in giro. Al campo saremo solo in cinque, noi tre, il cuoco e l’aiuto cuoco.
Come intendete muovervi?
La linea di salita che abbiamo in mente, logica e bellissima, sarà quella già prevista scorso anno. Non c’è motivo di cambiare strada. Di sicuro effettueremo l’ascensione in stile alpino, senza preparare preventivamente campi intermedi. Per arrivare alla base della parete dovremo attraversare un ghiacciaio lungo e complicato. Non abbiamo nessuna intenzione di fare avanti e indietro da quelle parti. Per tenersi allenati ci sono tante altre opportunità più divertenti a portata di mano.
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Come il Kabru I?
Esattamente. Abbiamo in mente di salire quella montagna inviolata a scopo di acclimatamento, prima del tentativo sul Lalung Peak. Per farlo non dovremo neppure spostare il campo base tanto è vicina.
Ma almeno ci sarà qualche novità rispetto al passato?
Una bella e una butta. La prima riguarda il posizionamento del campo base. Piazzeremo le tende a circa un’ora di distanza da quello dello scorso anno, su una spianata di terra che sembra un campo da calcio. Altro che la pietraia del passato. Per raggiungere la base dello Yalung impiegheremo un’ora in più, ma ne vale la pena.
E quella brutta?
Ci sono stati imposti due ufficiali di collegamento. Probabilmente non li vedremo mai, però siamo stati costretti a sborsare 10 mila dollari in più del previsto. Sono cose del genere che ci fanno ricordare che esistono tanti altri posti oltre al Nepal dove andare a divertirsi. Vedremo.
Novità per quanto riguarda il materiale?
Poche. Ci siamo procurati una nuova tendina, più compatta dove in tre staremo strettissimi. Su quella parete c’è davvero poco spazio per montare qualcosa di più grande. Dovremmo alleggerire gli zaini lasciando alla base della parete del materiale, ma non siamo tutti d’accordo. Personalmente penso che troveremo pochissima roccia, si potrebbe partire solo con il materiale da ghiaccio, una decina di viti in tutto. Peter però non è d’accordo, valuteremo sul posto. Dobbiamo inoltre considerare che in caso di riuscita dovremmo tornare a valle con un numero infinito di calate in doppia.
Come avete risolto il problema dei permessi?
Per la burocrazia nepalese lo Yalung non è considerato come una cima da scalare. Così, come lo scorso anno, abbiamo chiesto il permesso per il Kangbachen, che è collegato allo Yalung da una facile (e lunga) cresta. Per salirvi dal “nostro” versante bisogna passare dello Yalung, quindi tutto regolare. In questo momento, però, non abbiamo intenzione di raggiungere il Kangbachen, il nostro obiettivo rimane uno solo: lo Yalung. Non sarà facile.
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