Luca Canonici: “Cantai a Sanremo con Pupo e Filiberto. Non ci fu un bel clima. Altri meritavano più di noi”

Luca Canonici compose il trio con Pupo ed Emanuele Filiberto che arrivò secondo a Sanremo 2010: "Mengoni, Malika Ayane e Noemi avevano certamente i brani più belli. Le polemiche non mi toccarono, ma non ci fu un bel clima"

Feb 16, 2025 - 10:23
 0
Luca Canonici: “Cantai a Sanremo con Pupo e Filiberto. Non ci fu un bel clima. Altri meritavano più di noi”

Di quel trio, creato a tavolino per il sessantesimo Festival di Sanremo e dissoltosi subito dopo, è sempre stato il componente più defilato. Taciturno, estraneo e disinteressato alle polemiche, Luca Canonici assorbì le feroci critiche senza mai sentirsele davvero addosso. D’altronde, i veri obiettivi di quell’assedio mediatico erano Pupo ed Emanuele Filiberto, che lo accompagnarono all’Ariston, dove gareggiarono con ‘Italia amore mio’.

Tenore di fama internazionale, Canonici in realtà non si innamorò immediatamente della musica lirica. “Da giovanissimo ogni volta che guardavo la tv e mi ci imbattevo cambiavo canale”, racconta a TvBlog. “Il mio interesse è sempre stato per la musica leggera. Da piccolo cantavo nei cori della Chiesa e coltivavo la mia voce grazie ad un maestro che era anche un tenore. Pian piano il mio tono si irrobustì e cominciai a esibirmi in alcune romanze. Notai che i risultati erano positivi e mi avvicinai a questo settore”.

Il debutto avvenne nel 1985 al Teatro dell’Opera con Rigoletto: “Fu un percorso lungo. Attraverso alcune persone della mia città, Montevarchi, ebbi l’opportunità di entrare in contatto con il grande baritono Tito Gobbi che mi ascoltò. Mi fece studiare e passato del tempo mi promosse. A quel punto partii per Roma per stargli vicino, andavo da lui quando poteva e nel frattempo lavoravo per pagarmi gli studi e poter vivere nella Capitale. Al Teatro dell’Opera, in una prima fase, svolsi le selezioni per il coro e venni preso. Una volta dentro fui provinato per Rigoletto e da lì partì la mia carriera”.

Pochi anni dopo ebbe l’onore di sostituire José Carreras nel film “La Bohème” di Luigi Comencini.

Carreras si ammalò e Comencini cercava un sostituto. Le riprese erano già partite e l’unica possibilità era continuare ingaggiando una controfigura. La base del film, ovvero il disco, era stata precedentemente registrata dallo stesso Carreras e non poteva essere rimpiazzato da un’altra voce. Mi esibii in una sorta di playback e fu molto difficoltoso a livello musicale perché significava prendere gli stessi respiri di Carreras. Bisognava essere espressivi e andare a tempo nel sincrono. Posso dire che lì scattò davvero la mia carriera, perché ne approfittai per far sentire la mia voce ed ebbi la possibilità di registrare alcune cose.

Anche Carreras la notò.

Esatto. Un momento importantissimo fu quando venni scelto da lui per la Grande Notte di Verona del 1988. Devo ammettere che per i tenori è tutto molto più semplice, dato che siamo numericamente pochi. Quando c’è un giovane interessante è più facile che tutti stiano con l’orecchio teso.

Il discorso vale ancora oggi?

Sì. E’ un dato statistico: i tenori sono tanto celebrati, ma al contempo anche i più difficili da trovare. La tendenza non è mutata.

Parliamo di Sanremo 2010. Come ci arrivò?

A contattarmi fu il mio agente che mi informò che c’era da registrare una canzone. L’idea era quella di un disco. Non si poteva sapere altro, tutto veniva tenuto nascosto e non si poteva raccontare. C’era un riserbo incredibile. Siccome mi era già successo in Francia di registrare un duetto con un artista di musica leggera, non rimasi troppo sorpreso.

Questo significa che non la informarono subito che avrebbe collaborato con Pupo ed Emanuele Filiberto.

No, sapevo solo che c’era questa canzone da cantare e che dovevo incidere due pezzetti. Li registrai e li mandai al mio agente, che li spedì all’agenzia. Un giorno mi contattarono da Roma per comunicarmi che avrei dovuta registrarla sul serio. Pupo e il Principe li incrociai per la prima volta in sala di registrazione. Enzo lo conoscevo di vista, essendo io di Montevarchi e lui di Ponticino, mentre Emanuele non lo avevo mai incontrato prima. Ci salutammo e solo successivamente mi spiegarono la situazione. Caddi dalle nuvole, non avrei mai immaginato quel tipo di soluzione.

Rimase sorpreso?

Certo, soprattutto quando mi annunciarono l’ipotesi di Sanremo. In quel momento non sapevamo se il brano sarebbe stato preso o no.

Il contesto sanremese non era esattamente quello a cui era abituato.

Nella mia carriera ho cantato di fronte al Papa, a Re e Regine. Il Festival era uno scenario nuovo per me, ma sempre di canto si trattava. Mi chiamarono ad esprimere la mia vocalità e lo feci.

Pupo confidò a Repubblica di aver scritto sia la musica che le parole di ‘Italia amore mio’, mentre recentemente Filiberto ha dichiarato che Ghinazzi compose la melodia e lui buttò giù il testo. Dov’è la verita?

A me risulta che Pupo scrisse la musica. Riguardo al testo, se non ricordo male, questo fu frutto di una riflessione di Emanuele. Durante un viaggio aveva espresso un sentimento simile a quello riportato nella canzone e ad Enzo venne in mente di musicarla. Io la storia la so così.

Gli attacchi furono spietati e dei tre lei fu l’unico a non finire nell’occhio del ciclone. Fu più la felicità per essere stato ‘graziato’ o l’amarezza per non essere stato considerato?

Penso che quel brano si reggesse sul ritornello e il ritornello lo cantavo io. Se domandate a qualcuno cosa ricorda di ‘Italia amore mio’, la risposta sarà sicuramente il ritornello. Del resto mi interrogai poco, non era il mio principale interesse, così come Sanremo non rappresentava il mio punto di arrivo. Ho fatto tante cose nella mia vita e continuerò a farle senza l’affanno di arrivare per forza primo. Ho sempre preso certi impegni col dovuto distacco e sono uno che tiene i piedi ben saldi a terra. Non ho amarezze, quando sono stato al Festival ho preso tutto quello che è arrivato con assoluto piacere. Mi sono divertito.

Non posso credere che le contestazioni non l’abbiano minimamente toccata.

Di sicuro non era semplice andare in scena con quel clima, c’era sempre tensione. Ma io mi sono esibito tantissime volte in mondovisione. Non dico che ci avessi fatto il callo, perché quella kermesse è davvero importante, però sono sempre stato tranquillo. In fondo, le critiche non erano contro di me. Erano attacchi politici, o riferiti alla vocalità di chi mi stava accanto. Tuttavia, devo riconoscere che Filiberto studiò tantissimo. Il risultato non piacque, ma lui prese seriamente quell’impegno e dalla prima volta che lo ascoltai all’approdo al festival il miglioramento fu evidente.

Ancora Pupo dichiarò: “Sono trent’anni che vengo a Sanremo e non ho mai visto una contestazione preventiva come questa”. Lei percepì questo pregiudizio?

I pregiudizi non sono mai giusti. Quando uno arriva con un’idea preconfezionata, tutto il resto viene falsato e non è corretto. Ma siamo delle persone, abbiamo dei sentimenti che a volte sono difficili da mettere da parte. Da un certo punto di vista comprendo che ci possano essere state delle remore e che ci siano ancora. La verità è che io ero un cantante lirico, Enzo era un cantante e il Principe no. Su questo si poteva discutere, in effetti stare a Sanremo senza essere un cantante di professione era strano.

Nella serata dei duetti portaste all’Ariston l’allora ct Marcello Lippi. Chi lo contattò?

Credo che lo chiamò Pupo, non vorrei sbagliare. Sapevo poco, il mio compito era arrivare in teatro, fare le prove, esibirmi e andare a letto. Mi ripetevano sempre: ‘Siamo nelle tue mani’. Le discussioni non mi riguardavano, ho sempre fatto il bravo ragazzo (ride, ndr).

Le radio ignorarono il brano, sia durante che dopo il Festival.

Non sono stato toccato da queste cose. Ricordo che intervenni diverse volte in radio, per conversare o per ridere. Andai dal Trio Medusa perché la performance venne rivista in chiave macchiettistica. Vennero fuori imitazioni e parodie. Non penso fosse un dramma, si può sorridere di tutto se non si arriva alle offese.

Il trio non ebbe lunga durata. Come mai?

Andammo tutti insieme in Canada e ci riesibimmo. Fu l’unica volta, poi non cantai più con loro. Subito dopo Sanremo uscii con un mio disco e mi dedicai ad altri progetti. So invece che Pupo eseguì più volte in Russia ‘Italia amore mio’, con la mia voce come base.

Non vi siete più incrociati?

Ci siamo persi di vista. Per qualche tempo ci siamo scambiati dei messaggi, ma è da parecchio che non li sento.

Si scrisse che i veri vincitori del Festival eravate stati voi.

Seppi di queste voci molto dopo. Ero partito per la Cina e quando rientrai in Italia cominciarono a telefonarmi tutti. Non capivo di cosa si stesse parlando. Poi scoprii che Enzo aveva rilasciato alcune dichiarazioni. Da quello che so, per tutta la prima parte della serata finale fummo in testa, poi la situazione mutò dopo le 23. Altro non so dirti, successe tutto a mia insaputa. A mio avviso, tutto quello che accadde in quella settimana ebbe una sua funzione. Non solo gli applausi, ma anche i fischi furono decisivi. Le innumerevoli discussioni ci aiutarono, si parlava di noi e questo contribuì a mantenere alta l’attenzione.

Adesso può dirlo: secondo lei chi avrebbe dovuto vincere quell’edizione?

Mengoni, Malika Ayane e Noemi avevano certamente i brani più belli. E’ inutile che dica io chi avrebbe dovuto trionfare. Penso che a contare davvero furono le vendite dei dischi. Il mio, uscito dopo il Festival, vendette pochissimo, anche se mi spiegarono che per una prima uscita non era andata così male. Di certo, la giustizia non viene a nostro sostegno. Ma forse il più penalizzato da tutte quelle critiche fu Valerio Scanu. Ne parlo senza cattiveria. La sua canzone non fu accolta benissimo da critica e pubblico.

Attualmente di cosa si occupa?

Continuo a cantare, ma il meno possibile. Preferisco insegnare. L’età è inclemente con tutti e lo è anche con me. Le corde vocali sono muscoli e, come tali, soffrono. Non posso dire di essere lo stesso cantante di trent’anni fa. La voce ce l’ho ancora, ma non ho più la stessa spinta. Nel frattempo ho coltivato interessi paralleli. Sono direttore del Festival ‘Belcanto Age’ a Montisi Montalcino e faccio il fotografo. In questo momento sto esponendo a Napoli, Casale Monferrato e Firenze. La mia vita ha preso questa strada, sono felice. Ho un cane che amo e che mi ama, finalmente posso permettermi di stare con lui. Prima, con tutti gli impegni in giro per il mondo, non era possibile tenerne uno.

La tv l’ha più cercata?

Anni fa si pensò di mettere in piedi un talent per cantanti lirici. Mi proposero il ruolo di giudice, ma il progetto non andò in porto. Inoltre, si prospettò l’ipotesi de L’Isola dei Famosi, che comunque non avrei mai fatto. Non perché sia uno snob, ma perché ci sono cose che si possono fare e altre no. Ritengo che si debba rispettare gli altri e soprattutto se stessi.